Piano casa. Rilanciare il decreto semplificazioni

 Urge un provvedimento nazionale per la semplificazione delle procedure del piano casa perché questa è un’ emergenza nazionale. Il provvedimento nazionale per la semplificazione delle procedure del piano casa è urgente anche perché è evidente che non bastano le leggi regionali a mettere in moto gli interventi.

O con un’ iniziativa del governo o con un’ iniziativa del Parlamento su corsia preferenziale occorre riprendere i contenuti del testo accantonato. Totalmente d’ accordo con il rilancio del decreto semplificazioni il presidente dell’ Ance, Paolo Buzzetti, che ha ribadito per le opere pubbliche finanziate dal Cipe e per il piano casa l’ urgenza di passare dalla fase della carta a quella operativa

“Se il problema è accelerare interventi che altrimenti sarebbero spalmati in 24 mesi – dice Buzzetti – il governo potrebbe prevedere un incentivo fiscale per i primi sei mesi».

Sintesi delle norme varate per il Piano Casa regione per regione

 Riteniamo utile informare i lettori sulle norme varate in dieci fra regioni e province autonome. La provincia di Trento ha dichiarato che non aderirà ai criteri del Piano Casa come programmati dall’ Intesa Stato – Regioni, anche se anch’ essa può fruire della legge n. 2 / 2009, completata dalla Delibera di Giunta 9 aprile 2009, n. 814, in cui si prevedono contributi per le ristrutturazione, le addizioni voumetriche, le demolizioni e ricostruzioni.

BASILICATA
(Legge 4 agosto 2009 (?)

1. Tipologie di immobili. Residenziali esistenti o in corso di realizzazione, edificati dopo il 1942. Monofamiliari fino a 200 mq e altri fino a 400 mq.

2. Zone escluse. Centri storici o tessuti di antica formazione, zone omogenee B sature del DM 1444 / 1968 e definiti di valore storico, culturale o architettonico dagli strumenti urbanistici comunali vigenti, zone inedificabili, parchi, aree naturali protette, ambiti a rischio idrogeologico ed idraulico.

3. Termini presentazione richiesta di assenso. 24 mesi dall’ entrata in vigore.

4. Incrementi volumetrici. Del 20% della superficie complessiva (DM 10 maggio 1977, n. 801) fino a un massimo di 40 mq. Limite incrementato al 25% se si realizzano, almeno uno degli interventi, qui elencati: pannelli solari termici e / o impianti geotermici a bassa entalpia o a biomasse che assicurino non meno del 50% del fabbisogno di energia termica necessaria, impianti fotovoltaici integrati e / o a biomasse e biogas che diano almeno il 70% del fabbisogno di energia elettrica e non siano in edifici condominiali; captazione, filtro ed accumulo delle acque meteoriche per Wc, lavaggio auto, usi tecnologici e annaffiatura giardino; elementi filtranti acque per il 60% almeno delle superfici.

4.1 Risparmio energetico. Riduzione, non inferiore al 20 %, del fabbisogno di energia dell’ intero edificio o dell’ intera unità immobiliare.

4.2. Limiti urbanistici. Realizzazione in contiguità. Possibile creare nuove unità immobiliari di superficie complessiva non inferiore a mq 45. Divieto di cambio d’ uso per 10 anni. Costruzioni secondo norme antisismiche. Non cumulabilità con altri bonus volumetrici comunali.

4.3. Limiti edilizi. Rispetto dei i limiti di distanze indicati dagli strumenti urbanistici vigenti, salvo per le coibentazioni per cui valgono le deroghe previste dalla legge n. 28 / 2007 (fino a 55 cm per i muri).

5. Demolizioni e ricostruzioni. Limite massimo del 30% della superficie. È incrementato al 35% se si eseguono certi gli interventi (tutti quelli elencati nel paragrafo degli incrementi volumetrici, e non solo uno). È ulteriormente incrementato al fino al 40% se si utilizzano le tecniche costruttive dalla bioedilizia, se si ricorre all’utilizzo di impianti fotovoltaici, se la dotazione di verde privato esistente sul lotto di pertinenza viene incrementata fino al 60%.

5.1 Risparmio energetico. Riduzione, non inferiore al 30%, del fabbisogno di energia dell’ intero edificio o dell’ intera unità immobiliare.

Ampliamenti volumetrici: la Toscana arriva per prima

 La Toscana ha bruciato tutte le altre regioni sul filo di lana nel varare una legge sugli ampliamenti volumetrici, in attuazione dell’ Intesa Stato – Regioni, non ancora pubblicata sul Bur. Tuttavia il dibattito ferve: le nuova legge è restrittiva e anzi inutile, perché di fatto consente incrementi volumetrici quando gli strumenti urbanistici già li prevedevano, o al contrario è una norma lassista e permissiva?

La tesi della Regione è complessa. Può riassumersi così: se gli strumenti urbanistici comunali consentivano già addizioni funzionali agli edifici, magari limitatissime, si potranno fare gli incrementi volumetrici fino al 20%. Solo nel caso, piuttosto raro, in cui i Comuni hanno voluto escludere ogni tipo di addizioni funzionali, soprattutto in certe zone protette, o per certi edifici, l’ incremento sarà impossibile.

L’ interpretazione può parere contorta, se ci si dimentica che l’ articolo della legge sul governo del territorio toscana (n. 1 / 2005), dà una definizione complessa di quali sono gli interventi di ristrutturazione edilizia. Tra l’ altro esso afferma che essi comprendono anche “le addizioni funzionali di nuovi elementi agli organismi edilizi esistenti, che non configurino nuovi organismi edilizi, ivi comprese le pertinenze”. Per intendersi, con addizioni, in questo caso, non si intendono solo i cosiddetti volumi tecnici (casotti caldaia e ascensore, tettoie agricole eccetera), ma anche gli ampliamenti di volume veri e propri (una nuova stanza, una sopraelevazione, un box, eccetera).

Insomma, i comuni avrebbero già potuto, nell’ ambito della propria autonomia, utilizzare lo strumento degli ampliamenti. Anche quando non lo hanno fatto, in genere si sono riservati la possibilità di cambiare idea, importando nei loro strumenti urbanistici la definizione di ristrutturazione edilizia prevista dalla legge toscana. In tal caso saranno costretti a consentire gli aumenti volumetrici. Quindi, secondo la Giunta, gli incrementi ci saranno (si parla addirittura del 40% del patrimonio edilizio coinvolto).

Dall’ edilizia il rilancio dell’economia in Toscana

 Rilanciare l’ economia toscana, dare risposte ai bisogni abitativi delle famiglie, riqualificare il patrimonio edilizio esistente, ma tutto in coerenza con le scelte delle strumentazioni urbanistiche comunali e con i principi di governo del territorio contenuti nella legge regionale 1 / 2005. Questo – dopo l’ intesa raggiunta a livello nazionale fra Governo, Regioni ed enti locali lo scorso 31 marzo – il patto stipulato nella sede della Regione Toscana su iniziativa dell’ assessorato all’ urbanistica, fra Regione e associazioni degli enti locali: ANCI, UNCEM, UPI. 


Il Governo della Toscana – si legge in premessa – “intende proporre al Consiglio Regionale un gruppo organico di provvedimenti che, oltre a stimolare la ripresa di alcuni settori produttivi, dia risposte anche ad esigenze di carattere sociale e in particolare a quelle abitative, espresse dalle famiglie”. 
Il pacchetto conterrà: una legge straordinaria sull’ edilizia, l’integrazione del Piano Paesistico del PIT e un programma di edilizia sociale. 


Il patto riguarda il primo dei tre momenti: interventi straordinari in materia edilizia, in base alla volontà di rafforzare l’ intervento sul patrimonio dell’ edilizia residenziale pubblica e predisporre abitazioni low cost per giovani e famiglie di medio – basso reddito. Entro il 30 giugno 2009, attraverso una legge speciale, saranno dunque definite misure urgenti e straordinarie con effetti temporali destinati a cessare il 31 dicembre 2010.

La legge si applicherà immediatamente consentendo ai cittadini di realizzare interventi di ampliamento fino al 20% delle unità abitative nonché interventi di sostituzione edilizia di edifici abitativi con aumenti fino al 35% nell’ ambito urbano e, comunque, in coerenza con le tipologie di intervento previste dagli strumenti urbanistici comunali.