Rinnovabili e nucleare due percorsi paralleli

 Prove di dialogo, in un Workshop organizzato da ISES Italia, per superare ogni contrapposizione ideologica su due fonti di energia complementari e necessarie per il nostro Paese. Il workshop organizzato da ISES Italia (International Solar Energy Society) a Roma. Si è trattato di un confronto “corale”, nel quale ISES ha dato spazio a tutte le voci in campo, sul reale rapporto che esiste tra le fonti di energia rinnovabile e il nucleare, sui costi economici e sociali di sviluppo di quest’ultimo, sul ruolo del Governo e dell’Industria. A parte la posizione di Gianni Silvestrini (Kyoto Club) che ha rifiutato l’ipotesi di percorsi paralleli («nucleare e fonti rinnovabili sono percorsi alternativi – ha detto – e questa è una realtà a livello mondiale») c’è stato sufficiente consenso sull’idea che le due fonti siano complementari e possano contribuire in modo integrato al soddisfacimento delle esigenze energetiche. Secondo un modello elaborato da Enea e CESI Ricerca, esposto al workshop da Giorgio Palazzi (direttore del Dipartimento “Tecnologie per l’energia, fonti rinnovabili e risparmio energetico” dell’Enea) la produzione di energia elettrica in Italia salirà dai circa 340 miliardi di kWh (TWh) del 2007 a 356 TWh nel 2020. Si tratta di una stima molto conservativa, visto che secondo TERNA già nel 2016 la domanda elettrica nazionale raggiungerà i 420 TWh in caso di ripresa economica, e di 389 TWh in caso di sviluppo contenuto.

Nucleare: obiettivo copertura del 20% del fabbisogno energetico italiano

 Per centrare l’obiettivo della copertura del 20% del fabbisogno energetico italiano con l’energia nucleare nel 2020, prefissato dal governo, sono necessarie sei centrali nucleari da realizzare su tre siti. Questo il calcolo di Giancarlo Aquilanti, responsabile area tecnica nucleare di Enel, intervenuto al IV Workshop “Posizionamento strategico dell’Italia nel settore dell’energia: nucleare subito?”, che si è svolto a Roma il 19 giugno. “ha spiegato l’esperto – consumiamo 330 TWh. Considerando una crescita della domanda a un tasso prudenziale dell’1,2% annuo – ha aggiunto – arriveremo a 380 TWh nel 2020”. Per coprire il 20% di questa cifra con l’energia ricavata dall’atomo, cioè 76 TWh, “servono sei unità nucleari del tipo Epr di ultima generazione da 1.600 MW”. Dal punto di vista tecnico sarebbero sufficienti tre siti, perchè ciascuno ospiterebbe due unità, un accorpamento utile anche da punto di vista della riduzione dei costi e dei servizi tecnici che sarebbero sfruttati in modo più funzionale.

Torino verso il nucleare…?

 Iride, la società nata dalla fusione delle due ex aziende elettriche municipalizzate AEM e AMGA e controllata dai Comuni di Torino e Genova, sta valutando l’ipotesi di fusione con altre aziende energetiche dell’Emilia Romagna. Si tratta di Enìa (nata dalle ex municipalizzate di Parma, Piacenza e Reggio Emilia) e di Hera (nata dalle ex municipalizzate di Bologna, Modena, Ravenna, Ferrara, Forlì, Imola, Cesena, Rimini). L’argomento è stato discusso oggi a Torino nella seduta congiunta della Prima Commissione consiliare e della conferenza dei Capigruppo del Consiglio comunale, presieduta da Gioacchino Cuntrò. Sono intervenuti il vicesindaco Tom Dealessandri e l’amministratore delegato di Iride, Roberto Garbati. L’audizione dei vertici dell’azienda era stata chiesta dal gruppo consiliare di Alleanza Nazionale, in seguito alle dichiarazioni del sindaco di Parma, Pietro Vignali, che aveva ipotizzato l’ingresso nel mercato della produzione di energia nucleare del nuovo colosso energetico che potrebbe nascere dalla fusione delle tre società.

Nucleare: non perdiamo tempo dietro a questioni astratte. Facciamo concreti investimenti in settori verso i quali sta andando tutta Europa.

 Possibile che l’Italia sia sempre la cenerentola su tutto? e soprattutto sull’energia solare? Si discute molto, in questi giorni, in merito alla questione dell’utilizzo delle centrali nucleari nel nostro Paese. “Al di là di ogni posizione ideologica, l’utilizzo del nucleare, oltre a sollevare gravi problemi di sicurezza, presenta rilevanti problemi di carattere economico” – sostiene Rosario Trefiletti, Presidente della Federconsumatori. Nell’arco di 6-8 anni, infatti, il costo dell’uranio raggiungerà cifre elevatissime, così come lo smaltimento delle scorie radioattive. Se si vuole parlare di nucleare, il vero futuro sul quale investire, in questo campo, è rappresentato dalla “fusione nucleare” e non dalla “fissione nucleare” dell’uranio. Invece di sprecare tante energie e risorse “cambiando la rotta verso l’atomo”, sarebbe opportuno privilegiare gli investimenti a favore delle fonti alternative di energia. L’energia eolica sta infatti assumendo un carattere sempre più rilevante ed ha registrato, negli ultimi anni, una crescita rapidissima che ha portato l’Europa al ruolo di leader mondiale nello sviluppo di tale fonte energetica.

Per il Nucleare il modello finlandese come esempio

 Coinvolgere le industrie che consumano energia negli investimenti necessari alla costruzione di una centrale nucleare in cambio di una fornitura di energia a basso costo per tutta la durata di esercizio: questa è, in sintesi, il cosiddetto modello finlandese. L’inviato Emanuele Perugini attraversa boschi di abeti e di betulle che si estendono uniformi a perdita d’occhio nei dintorni di Olkiluoto, dove si sta costruendo la nuovissima centrale. Osservando attentamente si accorge di essere in presenza di immense coltivazioni di legno per la cellulosa da trasformare in fogli di carta, mobili o scatoloni. Un’industria che presuppone un grande consumo di energia elettrica, “al punto che sono proprio le industrie che coltivano queste foreste a sostenere dal punto di vista finanziario la costruzione della centrale nucleare di Olkiluoto”. È grazie al sostegno dell’industria che la Finlandia, dopo venti anni di blocco totale sul nucleare, ha potuto decidere – primo in Europa occidentale – di tornare a costruire centrali nucleari, spiega Perugini. Lo stesso potrebbe succedere in Italia, dove il modello finlandese piace molto, tanto che “Luca Cordero di Montezemolo, nel discorso di commiato dall’assemblea generale di Confindustria, lo ha citato come punto di riferimento per un ritorno dell’Italia al nucleare”.

Energia Nucleare ecco la strada da percorrere

 Il Governo annuncia l’intenzione di iniziare a costruire in Italia centrali nucleari di nuova generazione contro la dipendenza da gas e petrolio; Enel risponde “Noi siamo pronti”. L’AD, Fulvio Conti, spiega i vantaggi di questa scelta e i passi da compiere. L’Italia tornerà al nucleare in cinque anni. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, con queste dichiarazioni fatte davanti agli industriali dell’Assemblea annuale di Confindustria il Governo ha dato una nuova decisiva spinta al dibattito sul nucleare: “entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro Paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione. Il rientro è necessario per abbassare i prezzi dell’energia e assicurare il mix di fonti di cui l’Italia, eccessivamente dipendente da petrolio e gas, ha bisogno”. E il governo – assicura il ministro – onererà “con convinzione e determinazione il solenne impegno della scelta del nucleare”. La risposta di Enel non è tardata ad arrivare: “Siamo pronti” ha dichiarato l’AD, Fulvio Conti, anche lui presente all’assemblea. E ha commentato: “Mi sembra un ottimo inizio: credo ci sia una forte volontà di questo Governo di mettere le condizioni necessarie per lo sviluppo dell’industria nucleare nel nostro Paese. Enel ha ricostituito la sua cultura in questo campo siamo ben felici di collaborare”.

I problemi irrisolti del nucleare

 Legambiente pubblica il dossier sul nucleare in occasione del 20° anniversario dal voto del referendum popolare che ha bandito la produzione di energia nucleare in Italia. Scorie radioattive, sicurezza degli impianti e costi altissimi: ecco perché ancora oggi l’atomo non conviene. “Volete il nucleare?” A questa richiesta, formulata in tre quesiti, 8 italiani su 10 nel 1987 risposero No. L’ 8 novembre, si celebra il si celebra il 20° anniversario di una scelta radicale per il nostro Paese: quella fatta con il voto del referendum popolare che ha bandito la produzione di energia nucleare e reso l’Italia la prima tra le nazioni industrializzate a uscire dall’atomo. Una strada che solo recentemente hanno seguito in Europa anche la Germania e la Spagna. Pensare di tornare indietro sarebbe folle. Se l’Italia oggi volesse allinearsi alla produzione elettrica media UE da nucleare (30%), dovrebbe costruire 8 reattori come quello che sta realizzando la Finlandia (il più grande al mondo), oppure 8 come gli ultimi completati in Francia tra il ’96 e il ’99, oppure 12 di quelli più grandi in costruzione in Cina o 13 di quelli di tipologia russa.