L’ Italia è in ritardo rispetto agli altri paesi europei dove la creazione di edifici sociali è andata di pari passo con la riqualificazione di intere aree urbane. Il recente dibattito sul Piano Casa e la necessità di avviare un piano infrastrutturale per risolvere l’ emergenza abitativa ne nostro Paese ha rilanciato la discussione sul tema dell’ alloggio sociale, trasversale a numerosi altri temi di sviluppo urbano : la riqualificazione delle periferie, l’ inclusione delle fasce più deboli della popolazione, l’ integrazione degli immigrati nelle aree urbane e il riequipaggiamento energetico degli edifici pubblici e privati. Il problema dell’ housing è interpretato in modo diverso in città e regioni europee.
La situazione in Italia
Nel campo dell’ edilizia sociale l’ Italia è in ritardo rispetto alla media europea. Solo il 4% dell’ intero patrimonio abitativo è costituito da alloggi pubblici, rispetto al 20% della Francia o al 40% dei Paesi Bassi. L’ 80% dell’ intero patrimonio abitativo italiano è di proprietà, contro il restante 20% in affitto : una soglia limite, che avvicina il nostro paese a Grecia, Spagna e Portogallo, paesi fino a poco tempo fa a vocazione più agricola che industriale.
L’ aumento dei prezzi degli affitti nelle grandi città e il generale impoverimento con l’ entrata in vigore dell’ euro ha aumentato il numero di possibili fruitori di alloggio sociale. Al momento, sono oltre 600mila le domande potenziali di appartamento, in larga parte destinate a rimanere ineluse a causa della mancanza di strutture disponibili. Il prezzo troppo basso a cui sono stati venduti centinaia di migliaia di appartamenti negli anni ’90 e la contemporanea mancanza di investimenti pubblici per l’ edilizia popolare spiegano la scarsità di fondi che ha portato ad una nettissima contrazione degli appartamenti costruiti.
Proprio nelle città si avvertono le principali conseguenze di questa mancanza di alloggi, ma anche nella gestione di quelli esistenti. Il mix sociale si è realizzato portando tensioni e senso di insicurezza in quei condomini dove convivono persone anziane e gruppi di immigrati, balzati ai primi posti nelle graduatorie stilate dai Comuni in virtù dei loro bassissimi redditi.