Imposta unica sulla casa, chiarire a che cosa si punta
Un’ imposta unica sulla casa, sostitutiva su tutti i tributi che attualmente gravano sugli immobili. È quanto sta studiando il Governo in sede di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale
Qualsiasi sforzo di semplificazione in materia fiscale deve senz’ altro essere apprezzato, soprattutto se esso si concentra su un settore – come quello delle tasse sulla casa – che soffre da anni, non solo di un livello di tassazione che ha superato ogni livello di sopportazione (nel 2008 – secondo dati del Ministero dell’ economia – le imposte sulla casa hanno garantito allo Stato e agli Enti locali un gettito di oltre 43 miliardi di euro), ma anche di una complessità e di una farraginosità che non hanno eguali.
All’ apprezzamento per lo sforzo di semplificazione del Governo, tuttavia, non può che affiancarsi – da parte della Confedilizia – la richiesta di spiegare meglio i termini della proposta. Occorre anzitutto comprendere con esattezza in che modo tributi così eterogenei come quelli attualmente gravanti sugli immobili – fondati sul patrimonio (l’ Ici), sul reddito (l’ Irpef, l’ Ires), sui trasferimenti (l’ Iva, l’ imposta di registro, le imposte ipotecarie e catastali), sui servizi (la Tarsu e la Tia, il tributo per l’ ambiente, ai quali si aggiungono i contributi ai Consorzi di bonifica) – possano essere accorpati in un’ unica forma di imposizione.
Così come è necessario stabilire in modo inequivoco che i Comuni debbano attenersi ad uno stretto criterio prefissato di correlazione tra servizi e benefici recati agli immobili. Il Ministro Calderoli ha dichiarato: ”Non metto una nuova tassa finché non ne ho levate altre cento”. Si tratta di una affermazione alla quale applaudiamo. Auspichiamo però che Governo e Commissione tecnica per il federalismo chiariscano meglio la proposta allo studio, che interferisce anche con problemi di trasparenza catastale e in particolare di accertamento e controllo nel merito degli estimi, oltre che con disposizioni fiscali come quella sul reddito minimo da locazione stabilito su base catastale, l’ innalzamento della quale potrebbe costringere all’ aumento dei canoni.
Prima ancora di affrontare una riforma di tale portata, andrebbero poi risolti alcuni problemi che sono alla base di ogni ipotesi di tassazione immobiliare. Il Governo deve eliminare, anzitutto, un’ incoerenza inconcepibile in uno Stato di diritto, alla quale si accennava sopra: che gli estimi adottati con atti generali non siano, cioè, impugnabili nel merito, per stabilirne la congruità (che è quel che più interessa) avanti alcun giudice.
Il Governo deve anche cogliere l’ occasione per mettere ordine (e, soprattutto, trasparenza) nell’ intera materia catastale, a cominciare dai dati sui quali si basa il procedimento Docfa – sempre più invocato per generalizzate variazioni delle classi catastali, con relativi aggravi tributari – nonché l’ accertamento dei collegati valori dell’ Osservatorio del mercato immobiliare dell’ Agenzia del territorio. Così come deve essere finalmente garantita la pubblica conoscenza delle unità tipo previste dalla vigente normativa catastale, al fine di consentire ai cittadini di tutelare al meglio le proprie ragioni. Come si è visto, la fiscalità immobiliare è minata alla base da una serie di vizi. L’ auspicio della Confedilizia è allora che il Governo (e con esso la Commissione, per la parte di sua competenza) se ne faccia carico e si muova coerentemente in questa fase di riforme.
Corrado Sforza Fogliani
presidente Confedilizia