La crisi è, per l’ immobiliare, un’ opportunità e – allo stesso tempo – un pericolo. Un’ opportunità, dunque. La crisi è, infatti, partita dall’ immobiliare (per le imposizioni demagogiche della politica statalista dei politici del radicalismo statunitense che proclamavano il “diritto alla casa”, da cui i subprime), ma – è un paradosso – è destinata a risolversi nel e a favore dell’ immobiliare, allorché l’inflazione (che tutti prevedono si sviluppi quando verranno a galla le potenti iniezioni di liquidità delle banche centrali) manifesterà i propri effetti, contestualmente alla ripresa economica.
Ma la crisi è anche un rilevante pericolo per l’ immobiliare: e il guaio grave è che il pericolo è già una realtà, mentre l’ opportunità è attesa. Non si tratta della caduta dei valori: che non c’ è e non ci sarà, perché non c’ è mai stata – salvo che in poche zone d’ Italia – una bolla artificiosa (e chi predice – o auspica – una caduta dei valori, lo fa solo al fine di creare l’ ambiente adatto perché vengano ulteriormente, e di nuovo scandalosamente, favoriti alcuni strumenti già a fiscalità privilegiata, messi in piedi dal grosso capitale parassitario).
Il pericolo – dunque – non sono i valori, sono i politici: oggi più che mai tentati – illusi da interessi di settore – dalla via breve (quella che Einaudi definiva inventata da superbia satanica) della creazione di lavoro buroindotto: di lavoro indotto dalla burocrazia, e a carico dei soliti noti (proprietari).
Il Ministero dello Sviluppo (sic) economico è già partito alla carica, varando alla chetichella – perlomeno, rispetto alle organizzazioni rappresentative di chi deve pagare, non certo rispetto a quelle dei beneficiari – un provvedimento che impone, per gli apparati ascensoristici, lavori che non sono obbligatori in alcun’ altra parte d’ Europa.
Il provvedimento (come altri dello stesso Ministero) farà i conti con la Confedilizia – la sicurezza, in Italia, non può essere diversa da quella del resto del mondo – ma è di un esemplarità (per il discorso che abbiamo fatto) unica, anche per i costi che comporta (15mila euro circa per ascensore). Tanto più che non è il solo.
I Piani casa, invero, sono diventati – sempre nell’ ottica di creare lavoro buroindotto, questa volta per i professionisti senza altro lavoro – il veicolo privilegiato, in alcune Regioni, per varare il famigerato libretto casa: già bocciato da 8 giudizi di legittimità, di merito ed anche di costituzionalità, con sentenze del cui esito non si vuole – pervicacemente – tener conto. L’ atteggiamento del Governo avanti a queste leggi (illegittime, perché invasive – anche – di competenze riservate allo Stato), sarà una cartina di tornasole.
Nella stessa ottica, s’ inquadra anche la riforma del condominio varata da un Comitato ristretto (ma sarebbe meglio dire ristrettissimo, per non dire unitario) della Commissione Giustizia del Senato. Che nasce già vecchia (senza risolvere con chiarezza, infatti, il problema della capacità giuridica riconosciuta al condominio in tutta Europa o quasi, e della conseguente valorizzazione della figura dell’amministratore) e in patente contrasto con tutta una serie di normative da ultimo varate oltre che con i diritti proprietari (messi in discussione con una violenza che non ha precedenti).
Gli esempi potrebbero – purtroppo – continuare (le normative buroindotte su impianti di ogni genere nonché sulle certificazioni o disposizioni energetiche, con relativo – impazzito – guazzabuglio regionale, sono sulla bocca di tutti). Ma preme, a questo punto, trattare di quello che è più che un problema, un inquietante quesito: perché mai si trovano centinaia e centinaia di milioni per costruire 100mila nuovi alloggi di edilizia popolare (destinati – com’ è finora avvenuto – ai prepotenti più che agli aventi diritto), e non si trova un euro per rivitalizzare la locazione?
Perché mai si trovano mezzi per costruire e ricostruire, e sprecare così nuovo territorio (come se non fosse, anche questo, una risorsa limitata, per non dire già finita), e non si affronta per davvero il problema della cedolare secca per i redditi da locazione, sulla quale – pure – tutti i maggiori partiti erano d’ accordo, prima delle elezioni, e lo erano senza se e senza ma (cioè, senza distinzioni e condizionamenti, che solo ora – e, per il vero, dal solo Pdl – vengono fuori)? L’ interrogativo – ripetiamo – è inquietante, ed è inutile che ne spieghiamo il perché.
Corrado Sforza Fogliani
presidente Confedilizia