Dichiarazione del presidente di Assoedilizia e vice presidente di Confedilizia Achille Colombo Clerici: “Assolutamente prevenuta l’ accusa mossa da Legambiente alle seconde case montane della Lombardia. Il giudizio, assai severo, risente, a nostro avviso, di una visione unilaterale del fenomento, forse generata dalla convinzione che il Paese sarà bello finché resterà povero (secondo la massima di Berenson).
Si dice, secondo quanto riferito da alcune agenzie di stampa, che esse costituiscono un fattore di svilimento e di degrado del territorio e dell’ ambiente.
“Un fenomeno associato alla speculazione che, nella percezione dei residenti, è diventato sempre più fattore di malessere….; comportano oneri per le amministrazioni locali e concorrono al declino delle stazioni turistiche montane, oltre che al generale scadimento delle condizioni di vita dei paesi in cui, per la gran parte dell’ anno, le case chiuse prevalgono su quelle abitate dei residenti. E, comunque …….troppo cemento”.
Osserviamo, in generale, che non si possono porre freni dirigistici alle tendenze di vita della popolazione, che, in particolare nella società moderna, implicano, per le famiglie che se lo possono permettere, la disponibilità di spazi abitativi per il tempo libero e le vacanze, così al mare, come in montagna e negli altri luoghi turistici.
Si tratta ovviamente di conciliare le esigenze della produzione edilizia con quelle della tutela del territorio e dell’ ambiente, secondo le regole che la cultura contemporanea più evoluta detta per lo sviluppo sostenibile, secondo criteri qualitativi di piu alto profilo. Così come avviene negli altri Paesi europei, a cominciare dalla Francia, per arrivare alla Spagna, alla Svizzera, all’ Austria.
Ma, rispettata questa salvaguardia, le seconde case costituiscono un fattore propulsivo oltre che della vita turistica locale, anche dell’ economia pubblica e privata del luogo, proprio perché rappresentano un investimento immobiliare dinamico sul piano economico e fiscale (a differenza delle cosiddette prime case).
La loro costruzione, infatti, comporta il pagamento di oneri di urbanizzazione e di contributi autorizzatori a favore dei Comuni; dà lavoro a professionisti, imprese e maestranze prevalentemente locali. Una volta realizzate,le seconde case pagano l’ ICI (a differenza delle prime case) e la TARSU ai comuni e per tutto l’ anno, anche se vengon usate saltuariamente; l’ IRPEF, l’ imposta di registro, l’ imposta di successione, l’ IVA ( per la costruzione e la manutenzione) allo Stato.
Esse danno lavoro sistematicamente ad una miriade di ditte per la loro manutenzione e per l’ approvvigionamento ed il funzionamento di tutte le apparecchiature domestiche.
Quando poi sono aperte, portano vita, sovente animata da bambini, e ricchezza all’ economia turistica dei luoghi. A meno che i loro abitanti sian della specie che si accontenta di mangiar pomodori e va a letto con le galline; ma non crediamo. E se qualche residente le considera con fastidio, crediamo sia un po’ superficiale e non faccia bene i conti.
Sul piano urbanistico, poi, esse son realizzate con requisiti qualitativi edilizi e funzionali mediamente superiori a quelli delle prime case che, peraltro, secondo la nostra miope legislazione (che ha consegnato al degrado le parti delle nostre città costruite dal 1950 ad oggi) per non perdere le agevolazioni fiscali, devon esser necessariamente realizzate in modo scadente.
Senza dire che le seconde case tendono, nel tempo, a diventare le prime dei residenti, per quel fenomeno sociale che porta le famiglie a migliorare continuamente la qualità delle proprie condizioni abitative.
Insomma, le seconde case se non ci fossero andrebbero inventate; per le montagne lombarde e per il resto del Paese“.