Dichiarazioni del Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici al Corriere della Sera: « L’art.1 comma 335 della legge finanziaria 2005 prevede che si faccia una comparazione tra l’incremento medio dei valori immobiliari nelle singole microzone e quello medio nel Comune. Se il primo supera l’altro di oltre il 35 % si puo’ procedere alla revisione catastale. Ma quale comparazione si puo’ mai fare se il comune ad esempio ha una sola microzona, o le microzone sono stabilite in modo sbagliato, o i dati catastali non sono aggiornati e quindi non si sa quale consistenza immobiliare abbia la microzona? Il procedimento del comma 335 è comunque una operazione ostile ai risparmiatori dell’ edilizia ed iniqua,sul piano sociale, nonche’ arbitraria ed incostituzionale sotto il profilo giuridico.
1-Se i valori immobiliari sono aumentati dappertutto, non si capisce perche’ la revisione catastale si debba fare solo in alcune zone della citta’,individuate in modo peraltro arbitrario.
E se vi sono sperequazioni nei valori catastali perche’ non abbassare i valori più elevati, visto che le aliquote dell’ICI sono state fissate ( in misura elevata) dal legislatore nella consapevolezza del fatto che i valori “convenzionali” del catasto erano bassi rispetto a quelli di mercato?
Se,vicecersa, si elevano i valori occorre abbassare tutte le aliquote: da quelle dell’ICI a quelle delle imposte di registro, di successione e sulle donazione, nonche’ i parametri di congruita’ fiscale dei redditi da locazione. Operazione ardua, perche’ va fatta con una legge nazionale ed a valere per tutta l’Italia: motivo per cui non sono legittimi i procedimenti a macchia di leopardo come quello previsto dal comma 335 citato, perche’ altamente discriminatori.
2-Esistono citta’ nelle quali gli incrementi di valore sono stati elevatissimi ( ad esempio Capri, ed una serie di altre citta’ turistiche) e dove la norma del comma 335 citato non si puo’ applicare (quindi niente conseguente riclassamento delle unita’ catastali) per il solo e semplice motivo che è stata determinata una microzona unica e dunque non è possibile la comparazione tra gli incrementi di valore delle diverse zone, prescritta dalla legge.
3- nella citta’ di Milano tutta l’operazione è partita da una deliberazione del Consiglio Comunale del 1998 ( assente il Sindaco Albertini ) con la quale si sono individuate 55 microzone in modo affrettato, apodittico in quanto “a tavolino” ed arbitrario.
Via Montenapoleone e via Vittorio Emanuele sono divise in 2 zone aventi valori diversi.
Foro Buonaparte e Piazza Castello sono nella medesima microzona delle vie Pasubio, Maroncelli, Paolo Sarpi e dintorni.
Come è possibile affidarsi a siffatte individuazioni perimetrali per stabilire se mediamente una zona è cresciuta più della altre e quindi far scattare la revisione?
È chiaro che gli immobili di Maroncelli, di Pasubio, di Paolo Sarpi faranno calare l’aumento medio di tutta la zona; creando le condizione per l’inapplicabilita’ della norma in questione.
4- E poi, perche’ nei confronti di questo immobile si procede al riclassamento e viceversa non si procede nei confronti dell’immobile confinante , per il solo fatto che quest’ultimo si trova in un’altra microzona?
5- dal modo stesso, dunque, con il quale si sono delimitate le zone dipende la possibilita’ o meno di procedere alla revisione.
– ma zone quali quella citata di piazza Castello rispondono al requisito di legge dell’ omogeneita’ del tessuto urbano? A noi sembra di no.
6-il comma 336 del predetto articolo 1 prescrive l’obbligo di procedere al riclassamento – previa denuncia delle variazioni catastali da parte degli interessati- delle unita’ immobiliari interessate da opere edilizie soggette a DIA. Da cio’ si desume che i dati catastali di base per effettuare i calcoli degli incrementi di valore (consistenza del patrimonio immobiliare) non sono completi sino a quando non si sia fatto questo aggiornamento.
Ma a Milano il procedimento del comma 335 è stato impostato prima ancora di aver espletate le operazioni previste dal comma 336.
Proprio in considerazione di tutte queste ragioni, che conducono a forti sperequazioni, in Italia solo 10 fra citta’ e cittadine hanno deciso di fare ricorso alla procedura del comma 335.
Ma poi,nelle stesse, le procedure si sono arenate: cosi a Ferrara, Perugia e Bari.
Solo a Milano( e nonostante i ripetuti avvertimenti dell’ illegittimita’ del procedimento avanzati da Assoedilizia in tempi diversi ed anche recentemente) si è giunti al termine del percorso.
L’assurdo, con il sapore della beffa, è che questi accertamenti arrivano in piena crisi economica, quando i valori immobiliari non ci sono più: a testimonianza del fatto che il burocratismo del sistema catastale, tutto imperniato sulla patrimonialita’del meccanismo fiscale, porta ad aberrazioni inique ed aventi portata espropriativa.»