Le modifiche introdotte dal Dl 223/2006 (“Visco-Bersani”) esprimono l’esigenza di rafforzare gli strumenti in possesso dell’Amministrazione finanziaria per la repressione dei fenomeni di evasione fiscale. A tal fine, il principale strumento a disposizione del fisco, cioè l’accertamento di tipo analitico-presuntivo, è stato reso più efficace per fare emergere l’evasione nel mercato dei beni immobili. Il fisco ha, oggi, la possibilità di valutare la congruità dei prezzi delle operazioni aventi a oggetto cessioni immobiliari, ponendoli a confronto con il valore normale. Qualora si rilevino dei disallineamenti, gli scostamenti costituiscono il maggiore ricavo da riprendere a tassazione ai fini dei redditi, dell’Iva e del Registro. L’articolo 39, comma 1, lettera d), del Dpr 600/73, consente di recuperare a tassazione i maggiori redditi che emergono sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, ovvero a seguito dell’accertamento di gravi incongruenze tra ricavi, compensi e corrispettivi dichiarati e quelli verosimilmente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta.
Parallelamente, ai fini Iva, l’articolo 54, comma 2, Dpr 633/72, consente di recuperare a tassazione la maggiore imposta quando le omissione o le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Le richiamate disposizioni assumono la natura giuridica di norme procedimentali e, quindi, riguardano il procedimento accertativo. Anche la Commissione tributaria centrale con la decisione 849/2007 conferma il concetto secondo cui l’irregolarità delle scritture contabili non deve essere inteso soltanto nel senso delle ripetute e gravi violazioni delle medesime, ma anche nel senso della loro affidabilità, veridicità e trasparenza per eseguire un accertamento di carattere analitico-presuntivo. L’Amministrazione finanziaria deve passare, quindi, da un riscontro della correttezza formale della contabilità alla ricostruzione ragionevole del reddito e del volume d’affari effettivi dell’impresa. Partendo dal presupposto normativo sopra citato, l’Amministrazione procede a valutare la congruità dei prezzi praticati per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze sulla base di presunzioni, aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza tali da far emergere ricavi non contabilizzati e tali da consentire la ricostruzione analitico-presuntiva dei ricavi. L’articolo 9, comma 3, del Tuir e l’articolo 14, comma 3, del Dpr 633/1972 così recitano: “per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l’operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell’impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della Camera di Commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa”. L’articolo 35, comma 2, del Dl 223/2006, modificando l’articolo 54, comma 3, del Dpr 633/1972, ha previsto che, per le cessioni aventi a oggetto beni immobili e relative pertinenze, l’Amministrazione può considerare dimostrata l’esistenza di operazioni imponibili di ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione quando il loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 14 dello stesso Dpr, risulta superiore a quello dichiarato. Ai fini delle imposte dirette, è intervenuto il comma 3 dell’articolo 35. Esso ha aggiunto al comma 1, articolo 39, Dpr 600/1973, lettera d), la stessa previsione: la dimostrazione dell’infedeltà dei ricavi viene desunta sulla base del valore normale dei beni, determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del Tuir. Parallelamente, ai fini delle imposta di registro, il comma 23-ter dell’articolo 35 ha aggiunto il comma 5-bis all’articolo 52 del Dpr 131/1986 prevedendo che “le disposizioni dei commi 4 e 5”, ovvero i criteri di valutazione automatica basati sul valore catastale, “non si applicano relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall’art. 1, comma 497, l. 23.12.2005, n. 266”, ovvero diverse dalle cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi a oggetto immobili a uso abitativo e relative pertinenze. La circolare 11/2007 chiariva che le richiamate modifiche avevano efficacia anche per le rettifiche relative a periodi d’imposta ancora accertabili e, quindi, per gli atti stipulati dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto 223/2006. Infatti, lo stesso articolo, al comma 4, ha abrogato l’articolo 15 del Dl 41/1995, che individuava nel valore catastale esclusivamente un valore indiziario sulla base del quale orientare un’eventuale attività di accertamento e non anche il criterio per la determinazione della base imponibile (costituita dall’ammontare complessivo del corrispettivo pattuito). Di conseguenza, l’abrogazione dell’articolo 15 costituisce diretta conseguenza dell’adozione del diverso parametro di riferimento per l’individuazione del corrispettivo introdotto dal Dl 223/2006 al fine dell’esecuzione dei controlli sulle dichiarazioni. Successivamente, la legge 244/2007 (Finanziaria 2008) ha disposto che, per gli atti di cessione formati prima del 4 luglio 2006, le presunzioni devono intendersi come semplici e non legali, cosicché incombe sull’amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare l’esistenza di attività non dichiarate. Le presunzioni che possono essere considerate a favore del fisco sono: il valore del mutuo superiore al prezzo dichiarato nell’atto di compravendita
i prezzi effettivamente praticati che emergono dalle compravendite fra i privati per la stessa zona nello stesso periodo temporale prezzi che emergono dagli accertamenti effettuati con la ricostruzione dei ricavi in base all’osservazione diretta prezzi che emergono da offerte di vendita del soggetto controllato prezzi che emergono da offerte di vendita al pubblico tramite i media prezzi che emergono da analoghe vendite eseguite dal soggetto controllato
ristrutturazioni desunte dai dati relativi ai permessi di costruire e alle Dia (denunce di inizio attività) trasmesse dai comuni e alle detrazioni dichiarate di recupero del patrimonio edilizio.
Inoltre, la legge 248/2006 che converte il Dl 223/2006, ad integrazione dell’articolo 35, prevede che “per i trasferimenti immobiliari soggetti ad Iva finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, ai fini delle disposizioni di cui all’articolo 54 del Dpr 633/72, terzo comma, ultimo periodo il valore normale non può essere inferiore all’ammontare del mutuo o finanziamento erogato”. L’articolo 1, comma 307, della legge 296/2006 ha previsto che “con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono individuati periodicamente i criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati” ai sensi dell’articolo 14 de Dpr 633/1972, dell’articolo 9, comma 3, del Tuir e dell’articolo 51, comma 3, Dpr 131/1986.
Il provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 27 luglio 2007 ha individuato i criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati. Valore normale Omi superiore al dichiarato – Metodologia di calcolo del valore normale. Il provvedimento ha previsto che i criteri utili per la determinazione periodica del valore normale dei fabbricati debbano essere individuati in tre categorie di elementi:la banca dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi), che, con cadenza semestrale, pubblica le quotazioni del mercato immobiliare stabilite con criteri scientifici i coefficienti di merito relativi alle caratteristiche dell’immobile, in particolare al taglio della superficie, al livello del piano e alla categoria catastale le altre informazioni in possesso dell’ufficio, che possono adeguare maggiormente alla realtà l’aspetto personalizzato della valorizzazione dell’immobile. Il valore normale dell’immobile è determinato dal prodotto tra superficie in metri quadri risultante dal certificato catastale o, in mancanza, calcolata ai sensi dell’allegato C al Dpr 138/1998 e il valore unitario determinato sulla base delle quotazioni dell’Omi e dei coefficienti di merito sopra indicati. Le quotazioni dell’Omi sono riferite alla relativa zona omogenea o, in mancanza, a quella limitrofa o analoga censita, al periodo dell’atto di compravendita o a quello antecedente in cui è stato pattuito il prezzo con atto avente data certa e allo stato conservativo “normale”. Per gli immobili diversi dalle abitazioni (negozi, magazzini, uffici, capannoni industriali, capannoni tipici, laboratori, autorimesse, posti auto, box), il valore normale è determinato dalla media tra il valore minimo e massimo espresso dall’Omi riferiti al periodo dell’atto di compravendita e allo stato conservativo “normale” per la specifica destinazione d’uso ivi censita. Per gli immobili ultimati o ristrutturati da non più di 4 anni, il valore normale si determina sulla base dello stato conservativo “ottimo” censito dall’Omi, ovvero, in mancanza, applicando al valore sopra determinato (prodotto tra superficie e valore unitario per le abitazioni e media tra valore minimo e massimo per gli altri immobili) un moltiplicatore pari a 1,3. Il provvedimento 27 luglio 2007 contiene un allegato nel quale sono dettagliati i conteggi da eseguire e i coefficienti da applicare per la determinazione del valore normale. Le categorie catastali delle unità immobiliari non trovano perfetta corrispondenza nelle tipologie edilizie Omi, in quanto queste ultime accorpano talvolta più categorie catastali, occorre in tal senso adeguare il valore normale moltiplicandolo o dividendolo per specifici coefficienti correttivi appositamente individuati. Nel caso in cui manchi una specifica quotazione Omi per una determinata tipologia edilizia nella zona di interesse, occorre riferire la categoria catastale in esame alla tipologia Omi più prossima, applicando al valore normale un ulteriore coefficiente correttivo appositamente individuato e, in caso di passaggi multipli, i coefficienti correttivi vanno cumulati. Si conclude che la nuova disciplina normativa ha significativamente rafforzato i poteri dell’Amministrazione finanziaria e ha dettato i criteri scientifici per fare emergere i ricavi non dichiarati in un settore, come quello delle vendite immobiliari, in cui la sottofatturazione è ampiamente diffusa. Il valore normale dei beni immobili è, quindi, diventato un riferimento importante nell’attività di accertamento e la cessione di immobili a un prezzo significativamente inferiore rispetto a quello di mercato è sintomatica – in assenza di confutazione da parte del contribuente attraverso la prova contraria – dell’occultamento di un imponibile superiore.
Loredana Rendiniello e Michelangelo Piscitelli – www.fiscooggi.it