Immobiliare: continua il segno meno; segnali di inversione a fine 2010. Ma i nuovi investitori sono “alla finestra”
Achille Colombo Clerici: “Basta costi politici sugli immobili. Non è il momento per penalizzare il mercato con riclassamenti catastali, certificazione energetica ed opere obbligatorie di ammodernamento e sostituzione degli impianti tecnologici non strettamente necessarie“.
La programmazione urbanistica comunale, se errata, può provocare scompensi nell’economia del settore ed aggravare le conseguenze della crisi.
Secondo un sondaggio di fine anno, il 13% degli italiani vede la ripresa nel 2010 (i pessimisti sono molti di più, il 39%). Ma la grande maggioranza, il 71%, se potesse, investirebbe nel mattone.
Questa, in sintesi, la speranza del settore immobiliare nel 2010. Che vedrà ancora un calo, sia pure ridotto rispetto al biennio 2008 – 2009, in valori e compravendite nel primo semestre, per stabilizzarsi e cominciare la ripresa nel secondo semestre – ma solo per immobili di qualità – a partire dai due più grandi mercati nazionali, Milano e Roma.
Possibile ma settoriale ripresa anche per Venezia e Firenze e per il centro di Torino, Genova e Bologna; però al sud, con Napoli, Bari e Palermo in testa, attesi ulteriori ribassi dei prezzi.
Stabile Cagliari
In sofferenza ancora gli hinterland delle grandi città, dove occorrerà almeno un paio d’ anni per assorbire l’ invenduto anche per l’ eccesso di produzione (il nuovo sconta cali di prezzo anche del 20 – 30%).
“Non è certamente il momento di penalizzare il mercato – afferma il Presidente di Assoedilizia avv. Achille Colombo Clerici – come sta avvenendo con le riclassificazioni degli immobili (ed i conseguenti aumenti delle rendite catastali) e con le nuove disposizioni nazionali e regionali in materia di certificazione energetica (che hanno provocato una corale levata di scudi dell’ intero settore) e di obblighi di ammodernamento e di sostituzione di impianti tecnologici per nulla obsoleti, ma semplicemente non allineati agli standards prestazionali più evoluti.
Non è ragionevole che, mentre i valori immobiliari sono in calo, si continui imperterriti, da parte dei governanti, ad aumentare la pressione fiscale ed il carico parafiscale sugli immobili stessi. Ciò in quanto molti fra gli obblighi imposti comportano interventi non rispondenti a comprovate esigenze tecniche, bensi sono collegati al perseguimento di obiettivi sociali generali, estranei alla condizione dell’ immobile stesso. La crisi economica non si combatte solo facendo lavorare i cantieri ed i professionisti, ma anche non caricando gli immobili di costi politici”.
I valori, dunque, sono tornati ad essere quelli degli inizi del 2000, in ripresa rispetto alla crisi 1993 – 1998, ma lontani dai picchi del 2007: quest’ anno, nel residenziale: compravendite -14%, prezzi -7%, che si somma al -14% del biennio 2008 – 2009. L’ unico dato positivo, mentre non decolla il Piano Casa, viene dal record di ristrutturazioni, 430.000 (quasi il 20% in più del 2008), in testa la Lombardia e – con l’ eccezione di Roma – tutte città del nord.
A soffrire maggiormente, nonostante i tassi dei mutui siano al minimo storico (2% il variabile), gli alloggi sotto i 250.000 euro, destinati alla fascia povera – giovani ed immigrati – più duramente colpita dalla crisi e dalla stretta delle banche. Ciò condiziona, ovviamente, anche le locazioni, in calo per il quarto anno consecutivo, con una media annua di meno1,5-2%.
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Gli uffici. Aumento dell’ offerta, contrazione della domanda
Per quanto riguarda gli uffici, il 2009 si conclude con una contrazione del mercato del 45% a Milano e a Roma solo del 15% (conseguenza del minor dinamismo del mercato della piazza romana), mentre gli affitti si riducono del 5.9% nel centro a Roma (480 euro/mq) e del 7.3% a Milano (510 euro/mq).
Il settore rimarrà sotto pressione: in aumento le rinegoziazioni dei contratti in corso, mentre gli operatori economici continueranno a ridurre gli spazi occupati. Resta aperto, in particolare a Milano, il serio problema della collocazione sul mercato di milioni di metri cubi di immobili ad uso terziario realizzati negli anni scorsi ed attualmente ancora in attesa di essere utilizzati: si pone per gli stessi la prospettiva di riconversione ad usi più attuali.
Ma certamente questa situazione deve far riflettere sulla scarsa ragionevolezza, per non dire scarsa saggezza amministrativa, insita in una programmazione anche pubblica di operazioni edilizie che non abbiano alcuna correlazione con verificate esigenze del mercato.
La passata esperienza dimostra che il semplice interesse dell’ investitore a varare una certa operazione immobiliare, non è garanzia sufficiente a verificare la rispondenza della stessa alla domanda di mercato.
Ciò va tenuto presente dal pianificatore urbanistico, nel momento in cui si accinge a attuare un piano di governo del territorio (è prevista la votazione del documento da parte del Consiglio Comunale di Milano l’ 11 gennaio prossimo) che si fonda sul principio della assoluta flessibilità della programmazione urbanistica.
Le operazioni immobiliari, avulse da un contesto di economicità, producono inaccettabili scompensi all’ interno dell’ economia cittadina del settore. Nell’ ambito del residenziale, il completamento di nuovi progetti comporterà un ulteriore aumento dell’ offerta, prevalentemente in acquisto; ma con l’ effetto prospettico di un ulteriore calo della domanda di locazione.
Nella sola città di Milano i grandi progetti edilizi in fase di attuazione, prevedono una produzione di oltre 5.000 nuovi alloggi molti dei quali rientranti in un certo standard qualitativo.
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Errate politiche abitative
Il mercato immobiliare, ancora in gravi anche se non drammatiche difficoltà, denuncia ancora una volta l’ assenza di una razionale politica per la casa.
Due dati la riassumono: in Lombardia, a fronte di 50.000 (250.000 a livello nazionale) alloggi ultimati nell’ anno o in fase di ultimazione e quindi disponibili sul mercato della compravendita, 100.000 famiglie (30.000 a Milano) sono alla ricerca di una casa dignitosa che non possono permettersi, né in proprietà, né in locazione. Oltre 60.000 sono in regione le famiglie che non riescono a pagare l’ affitto, ma i fondi per l’ affitto sociale a disposizione ne accontenteranno un decimo.
Come è ormai tradizione, governo centrale e amministrazioni locali poco o nulla hanno fatto, lasciando la proprietà edilizia privata sola a fronteggiare oneri sociali che non le competono. E veniamo così alla vana promessa di più governi: avvicinare la tassazione dei redditi da locazione a quella delle rendite finanziarie, introducendo una cedolare secca al 20%.
Non se ne è fatto niente, preferendo impiegare oltre 3 miliardi di euro per un’ esenzione Ici che avrebbe dovuto esser realizzata senza incidere, come invece è avvenuto, sui bilanci dei comuni; in altri termini attraverso il meccanismo della detraibilità fiscale dell’ Ici pagata dalle imposte erariali e non mediante una semplice abolizione dell’ obbligo tributario, che priva direttamente i comuni del gettito fiscale.
In tal modo, inducendo i comuni a calcare la mano sui contribuenti rimasti a pagare l’ Ici, si è penalizzato chi concede case in locazione; il cui reddito, al netto di tasse e di costi di manutenzione, spese ed oneri parafiscali, si va progressivamente riducendo.
La carenza di alloggi in locazione costituisce, non solo un dramma per decine di migliaia di famiglie, ma pure l’ ostacolo più serio alla mobilità dei lavoratori che sempre più sono costretti a recarsi dove il lavoro c’ è, ma dove sono di fronte al problema di trovare casa ad affitti accessibili. Problema questo che riguarda anche gli studenti universitari (a Milano ad esempio 46.000 su un totale di 175.000 provengono da altre città ).
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Le proposte
– Innanzitutto tassare l’ immobile per il reddito che produce, anziché per il suo valore di mercato;
– equiparare la tassazione dei redditi immobiliari a quella delle rendite finanziarie;
– attuare forme e formule per agevolare la locazione e una collaborazione tra operatori pubblici e privati: in Francia, il 23 dicembre, la pubblica amministrazione e un’ associazione che aiuta i meno abbienti a trovare casa hanno stipulato un accordo secondo il quale l’ ente pubblico garantisce l’ esatto adempimento degli obblighi contrattuali degli inquilini.
– Infine, rinnovare l’ accordo sindacale proprietari – inquilini sul cosiddetto contratto di locazione concordato – agevolato, fermo a Milano dal 2002.
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