Il settore dei fondi immobiliari quotati prova a risalire la china, dopo la batosta subita nel 2008, quando il divario tra quotazioni e Nav aveva raggiunto, in media, addirittura il 42,9%. La robusta ripresa degli impieghi
azionari, iniziata a febbraio 2009, ha sicuramente dato linfa al comparto, che tuttavia fatica a riportarsi sui livelli pre crisi
Tralasciati gli eccessi che hanno caratterizzato la stagione delle Opa, quando sembrava venuto improvvisamente meno il problema dimensionale dei veicoli e di informazione del mercato, il settore si è sempre mantenuto su livelli di sconto rispetto ai riferimenti di bilancio decisamente più contenuti degli attuali. Pur essendo prossima la scadenza delle iniziative, che nelle opinioni iniziali avrebbe dovuto garantire il progressivo contenimento della forbice, sembra accresciuto il margine di prudenza con cui gli investitori, in genere, valutano i fondi immobiliari.
A pesare negativamente sulla quotazione di Borsa, concorrono senza dubbio molteplici fattori, tra cui la rigidità del valore dei portafogli immobiliari dei fondi, a dispetto dell’ evoluzione fortemente negativa del mercato corporate, appare la più rilevante. Al proposito è possibile rilevare come a fronte del crollo dei livelli di attività e alla flessione dei prezzi (comprovati dalla riduzione dei canoni e dall’ aumento dei profitti) la contrazione del valore degli immobili dei fondi certificata da IPD (con riferimento ad un campione significativo di fondi non solo quotati) non vada oltre l’ 1,6%.
La sostanziale tenuta degli investimenti immobiliari, di gran lunga superiore alle attese, ha fatto sì che l’ industria ritornasse, dopo un solo semestre, su livelli di performance totale positivi (considerando anche la componente da locazione) e i veicoli quotati limitassero all’ 1,7% le perdite, rispetto al semestre precedente.
Tali considerazioni, associate alla tormentata vicenda di chiusura del fondo Portfolio Immobiliare Crescita, che ha visto la mancata concessione del periodo di grazia da parte di Banca d’ Italia, al crescente disinteresse manifestato da molte società di gestione nei confronti del segmento retail, nonché alle possibili ricadute che l’ Istruttoria sull’ operatività delle SGR in atto da parte delle Autorità di vigilanza potrà determinare, non contribuiscono certo ad accrescere l’ interesse degli investitori per lo strumento. Proprio la revisione della disciplina di gestione dei fondi immobiliari che, a breve, scaturirà dall’ indagine conoscitiva di Consob e Banca d’ Italia tuttora in corso, potrebbe contribuire ad accrescere il livello complessivo di trasparenza del settore e a dissipare i dubbi sul valore degli asset immobiliari, quantomeno dei veicoli quotati.
Non è ancora chiaro se la revisione del quadro regolamentare avrà ricadute sull’ intera industria o se, invece, sarà circoscritto al solo settore retail. In tal caso si tratterebbe di un intervento tardivo e di modesta portata, essendo evidente la progressiva attenuazione dell’ interesse per il comparto da parte delle SGR.
Le difficoltà borsistiche dei fondi immobiliari italiani rappresentano un fenomeno ormai consolidato, che non ha, tuttavia, impedito all’ industria di crescere, nell’ ultimo decennio, in maniera pressoché esponenziale. Anche nel primo semestre del 2009, nonostante la pesante recessione in atto nel mercato immobiliare sottostante, è proseguito il trend espansivo, con l’ avvio di altre 9 nuove iniziative, che portano a 236 il numero dei fondi attualmente operativi, per un patrimonio netto complessivo arrivato a sfiorare i 29 miliardi di Euro.
All’ ampliamento dimensionale si è associato il radicale mutamento della composizione tipologica del settore. Dai fondi ordinari rivolti ad un pubblico retail, che fino al 2003 risultavano l’ unica opzione disponibile, si è, infatti, passati alla crescente diffusione delle iniziative costituite tramite apporto destinate ad investitori qualificati, che oggi rappresentano una quota largamente maggioritaria del mercato (poco meno del 90%) e la quasi totalità dei nuovi strumenti attivati. L’ incidenza dei fondi riservati risulta leggermente meno marcata se si prende in esame la distribuzione del patrimonio netto delle due tipologie di veicolo.
Da sottolineare che la trasformazione intervenuta ha reso particolarmente problematico il monitoraggio dei fondi effettivamente operativi e il dimensionamento del settore, in ragione degli obblighi di comunicazione meno stringenti a cui sono sottoposti gli strumenti riservati ad investitori qualificati.
A livello di asset allocation continua la tendenza ad una ripartizione più omogenea degli investimenti immobiliari, sulla scorta dell’ esperienza europea. La contrazione della componente direzionale, passata dal 66,7% del 2004 al 51,6% odierno, è risultata, tuttavia, solo in parte compensata dall’ evoluzione degli impieghi commerciali, cresciuti nello stesso periodo dall’11,3% al 17,9%, che si confermano sottodimensionati rispetto alla distribuzione continentale.
Le non trascurabili difficoltà rilevate sul versante dei fondi immobiliari quotati si rivelano ben poca cosa se paragonate alle vicissitudini che continuano ad interessare i titoli del settore. Nonostante il recupero messo a segno dai minimi di inizio anno (+67% contro l’ 80% fatto segnare dall’ indice generale), la capitalizzazione del comparto continua, infatti, ad attestarsi ben al di sotto dei 3 miliardi di Euro, a fronte di una dato complessivo del mercato prossimo ai 450 miliardi di Euro.
A penalizzare la dimensione complessiva del real estate quotato, oltre alle svalutazioni scaturite dalla negativa fase congiunturale, che hanno interessato anche i gruppi maggiori, è soprattutto l’ ormai consolidata ritrosia delle società immobiliari italiane a considerare l’ approdo borsistico come strumento di crescita e sviluppo. Il settore, ciclicamente esposto ad operazioni di finanza straordinaria e delisting, annovera oggi un numero assai esiguo di titoli. In attesa che gli auspicati emendamenti alla normativa (peraltro di recente emanazione) rendano le SIIQ un’ effettiva opportunità, l’ immobiliare quotato in Italia pare destinato ad avere ancora un ruolo marginale.