“La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende “minimamente d’ intromettersi nella politica degli Stati”. A ben vedere, è questa la chiave di volta dell’ interpretazione dell’ Enciclica “Caritas in veritate”, è questa l’ affermazione che tutta la concatena ed alla luce della quale l’ intero documento deve essere letto.
Benedetto XVI riprende con forza – con queste parole poste nella stessa Introduzione (Caritas in veritate, 9) – quanto già Giovanni Paolo II aveva scritto sia nella Centesimus annus (La Chiesa non ha modelli da proporre, 43) che, testualmente, nella Sollecitudo rei socialis (La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire, 41), aggiungendo anzi, sempre in quest’ ultima, ancor più esplicitamente: “La Chiesa non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell’ uomo sia debitamente rispettata e promossa e a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo” (ivi).
Certo – dopo il crollo, che il Papa sottolinea, dei sistemi economici e politici dei Paesi comunisti dell’ Europa orientale (Caritas in veritate, 23) – è rimasto il mercato (e l’ economia libera: Centesimus annus, 34).
“La società non deve proteggersi dal mercato, come se lo sviluppo di quest’ ultimo comportasse ipso facto la morte dei rapporti autenticamente umani” (Caritas in veritate, 36), scrive Benedetto XVI, proseguendo peraltro, subito: “È certamente vero che il mercato può essere orientato in modo negativo, non perché questa sia la sua natura, ma perché una certa ideologia lo può indirizzare in tal senso” (ivi).
Nell’ attuale crisi mondiale, Benedetto XVI non poteva non alzare alta la sua voce – a questo punto – per sottolineare che “bisogna che la finanza in quanto tale, nelle necessariamente rinnovate strutture e modalità di funzionamento dopo il suo cattivo utilizzo che ha danneggiato l’ economia reale, ritorni ad essere uno strumento finalizzato alla miglior produzione di ricchezza ed allo sviluppo” (Caritas in veritate, 65).
E ancora, stesso paragrafo: “Tutta l’economia e tutta la finanza, non solo alcuni loro segmenti, devono, in quanto strumenti, essere utilizzati in modo etico così da creare le condizioni adeguate per lo sviluppo dell’ uomo e dei popoli. È certamente utile, e in talune circostanze indispensabile, dar vita a iniziative finanziarie nelle quali la dimensione umanitaria sia dominante. Ciò, però, non deve far dimenticare che l’ intero sistema finanziario deve essere finalizzato al sostegno di un vero sviluppo.
Soprattutto, bisogna che l’ intento di fare del bene non venga contrapposto a quello dell’ effettiva capacità di produrre dei beni. Gli operatori della finanza devono riscoprire il fondamento propriamente etico della loro attività per non abusare di quegli strumenti sofisticati che possono servire per tradire i risparmiatori”. Ritorniamo con questo al mercato. “Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato – è scritto, in corsivo, nell’ Enciclica – non può pienamente espletare la propria funzione economica” (Caritas in veritate, 35).
E la parola fiducia non è qua posta senza una ben evidente ragione, come prima non era richiamata a caso la dimensione (necessaria) dell’ eticità (che peraltro – sottolinea con vigore Benedetto XVI – non deve essere un’ etichettatura dall’ esterno: “Bisogna non ricorrere alla parola etica in modo ideologicamente discriminatorio, lasciando intendere che non sarebbero etiche le iniziative che non si fregiassero formalmente di questa qualifica”: Caritas in veritate, 45).
Nella crisi finanziaria, dunque, solidarietà, etica e fiducia. Il credito si basa, appunto, sulla fiducia fra creditori e debitori. E ciò comporta – per le istituzioni pubbliche – l’ obbligo di interventi conformi al mercato (esattamente l’opposto di quanto abbiamo visto da ultimo in Italia). Attività di indirizzo, insomma, anziché di prevaricazione.
Solidarietà, etica e fiducia (non soluzioni tecniche). La Chiesa non ha ulteriori indicazioni da dare: la dottrina sociale della Chiesa – si riconosce oggi – è un corpus di direttive morali, non è un sistema economico autonomo.
La Chiesa non è un partito, non fa politica come tale (card. Ratzinger, Il Sabato, 8.9.1990; nello stesso senso: “Orientamenti per lo studio e l’ insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale”, Congregazione per l’educazione cattolica, 30.12.1988). È la delegittimazione di ogni strumentalizzazione dell’ Enciclica (che, comunque, in questo Paese si avrà o – perlomeno – si tenterà).
Corrado Sforza Fogliani
presidente Banca di Piacenza
rk construction tirunelveli 2 Giugno 2016 il 05:58
Would you be all for exchanging hyperlinks?
http://engatirunelveli.com/cat/service-providers/