Da più tempo si parla di abolire le Province, così prevedevano – per quel che valgono – anche alcuni programmi elettorali. Abolizione e basta, decisamente. Neanche convertirle in enti flessibili, nei termini illustrati in un aureo libretto dell’ Istituto Bruno Leoni. Niente mezze misure, si gridava alto prima delle elezioni, e financo prima dell’ ultima tornata elettorale amministrativa: vanno abolite, punto e basta.
Poi, il vento è improvvisamente cambiato. Le Province si potevano tenere, andavano anzi potenziate, da scatoloni vuoti o quasi (meno che di personale, naturalmente), sarebbero state trasformate in enti di massima efficienza, riempite delle competenze di enti inutili da sopprimere, con conseguente grande risparmio di mezzi.
La cosa – in virtù di quest’ ultima precisazione – venne digerita. La videro bene soprattutto coloro che, in tutta Italia, sono costretti a pagare fior di quattrini ai Consorzi di bonifica senza neanche saperne il perché: questi Consorzi, si disse solennemente e ripetutamente (per mesi e mesi), saranno soppressi, saranno senz’ altro soppressi in una con l’ approvazione del Codice delle autonomie.
Agli italiani proprietari anche della sola propria casa di abitazione o agli agricoltori senza beneficio irriguo (che sono categorie che pagano profumati contributi consortili, in aggiunta alla tassa di fognatura) interessava proprio, e soprattutto, la soppressione di questi carrozzoni.
Le speranze erano, dunque, grandi. Ma sono durate l’ espace d’ un matin. Appena conosciuto il testo del Codice delle autonomie, s’ è dovuto subito constatare che s’ era fatta una formidabile marcia indietro strategica: non più soppressione dei Consorzi e trasferimento delle loro competenze alle Province (così che anche la contribuenza divenisse trasparente, controllata da un organo politico, non autoreferenziale), ma semplice loro riordino.
La scusa la si è subito trovata, la Corte costituzionale vieta – s’ è detto – la soppressione dei Consorzi, non possiamo fare quel che vorremmo fare. Ma è una scusa bella e buona, o è – comunque, e al meno – una lettura errata della richiamata sentenza della Consulta: che ha bocciato la soppressione solo perché, col provvedimento di legge al suo esame, venivano (inaccortamente) trasferite alle Province anche le funzioni di natura privatistica (irrigazione a favore di alcuni terreni, sostanzialmente) che certi Consorzi svolgono.
Nel Codice delle autonomie, dunque, basta – se veramente si volevano, e si vogliono, abolire questi carrozzoni – prevedere il trasferimento alle Province delle sole funzioni pubblicistiche (quelle esercitate in territori effettivamente bonificati). Ma tant’ è: finora, col problema in mano al Governo, a niente si è riusciti (i Consorzi sono spesso appannaggio di attempati politici, di tutti i colori…). Speriamo che qualcuno anche del Governo – che del Codice dovrà fare una seconda lettura – ci guardi dentro, o comunque che ci guardi dentro il Parlamento.
Dico che bisogna che qualcuno ci guardi dentro perché – nell’ ultimo testo noto della norma del Codice in parola relativa ai Consorzi di bonifica – c’ è il trucco e, se questa disposizione la si legge attentamente, lo si vede anche.
Nella prima parte della norma, dunque, ricorrono suadenti i termini abrogazione, accorpamento, soppressione e così via illudendo. Ancora più (fintamente) perentorio è il terzo comma della norma, che stabilisce – inesorabile – la soppressione dei Consorzi là dove le Regioni non provvedano al riordino.
E, per questo caso, nessuno – paradossalmente – si preoccupa più della famosa sentenza della Corte costituzionale, ma giustamente perché è una soppressione messa lì come specchietto per le allodole, che non si verificherà mai.
Lo chiarisce bene l’ ultima parte di questo terzo comma (ecco il trucco!), che testualmente recita: “Non è obbligatorio il riordino di cui al comma 2 (quello che ha come spada di Damocle la soppressione – n.d.a.) per le Regioni che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già provveduto al riordino ai sensi dell’art. 27 della legge 28.2.2008 n. 21”.
Sì, avete letto bene, alla data di entrata in vigore della presente legge, quindi fra mesi e mesi o, più probabilmente, fra anni. Le Regioni che vogliono continuare a giocare sui Consorzi per far pagare a condomini e agricoltori opere pubbliche che dovrebbero essere finanziate dalla fiscalità generale, secondo il reddito personale (e queste Regioni sono, purtroppo, la maggioranza: fanno eccezione solo alcune, quelle illuminate, o più corrette, che dir si voglia) hanno tutto il tempo di provvedere. Con tanti saluti per la conclamata (solo a parole) soppressione.
di Corrado Sforza Fogliani
presidente Confedilizia