Con l’ art. 24, d.l. n. 112 del 25.6.’08 (convertito, con modificazioni, dalla l. n.133 del 6.8.’08), sono stati abrogati – come ha segnalato la Confedilizia – l’ art. 6, comma 4, l. n. 841 del 22.12.’73, e l’ art. 2 – ter, d.l. n. 236 del 19.6.’74, convertito dalla l. n. 351 del 12.8.’74
La prima disposizione prevedeva la prescrizione biennale del diritto del locatore al rimborso delle spese sostenute per la fornitura dei servizi posti a carico del conduttore. La seconda comminava la nullità delle clausole contrattuali di corresponsione anticipata del canone per periodi superiori a tre mesi.
Si tratta di norme contenute in provvedimenti che regolavano, in via transitoria, una materia, quella della locazione degli immobili urbani, interamente ridisegnata della l. n. 392 del 27.7.’78 (c.d. legge sull’ equo canone). Ciò nonostante, la giurisprudenza le considerava ancora in vigore.
Secondo la Cassazione, infatti, la previsione di cui al predetto art. 6, “anche se inserita in una legge relativa alla proroga dei contratti di locazione degli immobili ad uso di abitazione”, introduceva “una deroga al principio codicistico della prescrizione quinquennale del canone di locazione e di ogni altro corrispettivo di locazione fissato dall’ art. 2948 n. 3 cod. civ.” valida anche dopo l’ entrata in vigore della legge 392 / ’78. Ciò, perché la previsione in parola trascende(va) il regime vincolistico e non poteva, quindi, considerarsi rientrare nell’ ambito di applicazione dell’ art. 84 della predetta legge, che disponeva l’ abrogazione di tutte le norme incompatibili con la normativa sull’ equo canone (sent. 5795 del 22.5.’93).
Concetto, questo, che ritroviamo espresso anche nella sentenza della Suprema Corte n. 1953 del 10.2.’03. E, più di recente, nella pronuncia – sempre della Cassazione – n. 8609 del 12.4.’06, secondo cui, peraltro, la fissazione dell’ indicato termine di prescrizione biennale era “giustificata dall’ esigenza di contenere le relative contestazioni in un lasso temporale ragionevolmente breve”.
Insomma un’ interpretazione consolidata, che però portava alla conseguenza che nel rapporto tra locatore e conduttore il termine prescrizionale per il pagamento degli oneri condominiali fosse limitato a due anni, mentre nel rapporto tra singolo condomino e condominio tale termine – in ossequio ai princìpi generali – fosse, invece, quinquennale. Una ingiustificata disparità ora cancellata.
Quanto all’ art. 2 – ter, secondo la più recente giurisprudenza, anche tale disposizione non rientrava nell’ ambito di applicazione del citato art. 84, trattandosi di una norma pienamente compatibile con le locazioni, tanto ad uso abitativo quanto ad uso diverso, disciplinate della l. 392 / ’78. Per le prime, si osservava, infatti, come non poteva certo ritenersi incompatibile con un sistema “caratterizzato dalla sottrazione della determinazione della misura del canone all’ autonomia negoziale, una norma che, completando tale regime imperativo, ne disciplinava anche le modalità di pagamento”; per le seconde, che la libera determinazione del canone non implicava necessariamente anche “la totale libertà delle parti di definirne le modalità di pagamento”.
Questo, perché la previsione pattizia della corresponsione anticipata del canone, oltre una determinata misura, poteva “avere l’effetto di neutralizzare per il locatore l’ incidenza della eventuale diminuzione del potere di acquisto della moneta al di là di quanto consentitogli dall’art. 32 della stessa legge 392. Il che era proprio quello che accadeva – secondo la Cassazione – laddove si fossero previste clausole di pagamento anticipato in misura superiore alle tre mensilità, costituendo questo limite un criterio obiettivo in virtù del quale valutare la legittimità o meno di tali pattuizioni in relazione all’ art. 32 citato (cfr. sent. n. 6274 del 10.7.’96 e da ultimo, negli stessi termini, sent. n. 9971 del 16.4.’08).
In verità – come aveva avuto modo di segnalare la dottrina (cfr., fra gli altri, A. Mazzeo, Le locazioni nella legislazione speciale, 1ª ed., 2002, Milano, 120) – per le locazioni ad uso abitativo di tipo libero, dopo l’ entrata in vigore della legge 431 / ’98, un patto che avesse previsto il versamento anticipato di diverse mensilità doveva senz’ altro ritenersi valido. L’ art. 13 di questa legge, infatti, sanziona con la nullità qualsiasi obbligo del conduttore o altro vantaggio economico o normativo per il locatore, solo se attributivi di un canone superiore a quello pattuito (e risultante da contratto scritto e registrato) e solo se in contrasto con le disposizioni della stessa l. 431. Il che non era nel caso della pattuizione di cui trattasi, che non è attributiva di un canone superiore né è contraria – stante l’ integrale liberalizzazione della misura del canone e del suo aggiornamento – ad alcuna norma di tale legge.
Per le locazioni ad uso diverso dall’ abitativo, invece, la stessa Cassazione, anche se in pronunce più datate (cfr., da ultimo, sent. n. 6247 del 25.5.’92), aveva comunque affermato come l’ art. 2 – ter in discorso fosse stato implicitamente abrogato dall’ entrata in vigore della legge 392 / ’78 “non essendo compatibile con la libertà di determinazione del canone”, consentita alle parti per questo tipo di locazioni dalla legge sull’ equo canone.
Ora, l’ intervenuta espressa abrogazione restituisce finalmente chiarezza al quadro normativo, consentendo alle parti di concordare liberamente le modalità di pagamento della pigione. Tale abrogazione lascia, invece, immutata la situazione per i contratti di locazione agevolati (per come la legge definisce testualmente i contratti di tre anni più due di cui all’ art. 2, comma 3, l. 431 / ’98) che, in ogni caso, devono conformarsi ai tipi di contratto di cui agli allegati A e B del D.M. 30.12.’02.
Resta da dire, infine, dei contratti di locazione in corso. In tale ipotesi, sia che si tratti di locazioni abitative sia che si tratti di locazioni ad uso diverso, occorrerà far riferimento a quanto in proposito stabilito nell’ atto. Ove fossero previste pattuizioni di corresponsione anticipata di diverse mensilità di canone, esse devono ritenersi pienamente valide (a parte il caso – appena detto – dei contratti agevolati, per i quali si deve comunque fare riferimento alle prescrizioni dell’apposito decreto ministeriale, finché non sia modificato). Ove così non fosse, le parti potrebbero comunque ricontrattare, di comune accordo, le modalità di pagamento della pigione.
Fonte: Antonio Nucera
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