Il recente dibattito sul Piano Casa e la necessità di avviare un piano infrastrutturale per risolvere l’ emergenza abitativa in Italia ha rilanciato la discussione sul tema dell’ alloggio sociale, collaterale a numerosi altri temi di sviluppo urbano: la riqualificazione delle periferie, l’ inclusione delle fasce più deboli della popolazione, l’ integrazione degli immigrati nelle aree urbane e il riequipaggiamento energetico degli edifici pubblici e privati sono alcune delle principali istanze legate al problema dell’ housing.
Dare alloggi decenti e a prezzo accessibile ai cittadini rappresenta un problema soprattutto urbano. L’ Italia sconta il ritardo rispetto agli altri paesi europei dove la creazione di edifici sociali è andata di pari passo con la riqualificazione di intere aree urbane
Nel campo dell’ edilizia sociale l’ Italia si trova al di sotto della media europea: un ritardo dovuto anche alle scelte politiche che hanno privilegiato gli incentivi alla proprietà. L’ 80% dell’ intero patrimonio abitativo italiano è di proprietà, contro il restante 20% in affitto. Uno scenario completamente diverso rispetto a quello della Scandinavia, ad esempio, dove soltanto una quota tra il 50 e il 60% è costituito da abitazioni di proprietà.
Il numero dei possibili utenti di alloggio sociale è cresciuto con l’ aumento dei prezzi degli affitti nelle grandi città e il generale impoverimento generato dall’ entrata in vigore dell’ euro. Il prezzo troppo basso a cui sono stati venduti centinaia di migliaia di appartamenti negli anni ’90 e la contemporanea mancanza di investimenti pubblici per l’ edilizia popolare spiegano la scarsità di fondi che ha portato ad una nettissima contrazione degli appartamenti costruiti: dai 25mila alloggi all’ anno degli anni ’80 ai 10mila degli anni ’90 fino ai 5mila di oggi.
Nelle città si avvertono le principali conseguenze di questa mancanza di alloggi, ma anche nella gestione di quelli esistenti. Il mix sociale si è realizzato portando tensioni e senso di insicurezza in quei condomini dove convivono persone anziane e gruppi di immigrati, balzati ai primi posti nelle graduatorie stilate dai Comuni in virtù dei loro bassissimi redditi.
Favorire una migliore convivenza fra nuovi e vecchi inquilini è uno dei problemi principali a cui si sta cercando di fare fronte attraverso le figure dei mediatori culturali, come accade a Reggio Emilia. Il Comune emiliano ha infatti assunto delle specifiche figure professionali inviate nei quartieri per facilitare la convivenza fra anziani ed immigrati, risolvendo controversie e garantendo la vivibilità dei condomini tanto da esser stati inviati anche in strutture che non fanno parte del patrimonio abitativo sociale.
I Comuni possono seguire queste buone pratiche e trovare nuovi punti di coordinamento con gli enti di gestione, ma anche una nuova collaborazione tra ente pubblico ed enti privati di nuova generazione – fondazioni, come sta avvenendo a Milano, dove stanno provvedendo alla costruzione di alloggi sociali per studenti.
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