“La ricerca della qualità nel territorio e nelle città lombarde è obiettivo centrale del Governo regionale, su cui occorre coinvolgere cittadini e operatori, istituzionali e professionali, nella responsabilità di realizzare interventi qualificati e coerenti con l’ identità e la storia del nostro tessuto urbano”.
Lo ha detto ieri l’ assessore al Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia, Davide Boni, intervenendo – in occasione di Expo Italia Real Estate – al convegno Rottamare le città per costruire il bello . “Per questo abbiamo costruito il nuovo quadro di riferimento per lo sviluppo futuro del territorio lombardo con il Piano territoriale regionale, riformando la legge urbanistica lombarda, sostituendo alla logica del vincolo degli anni ’70 la responsabilità della progettazione urbanistica locale con i nuovi Piani di governo del territorio e avviando la realizzazione di numerosi interventi sul sistema della mobilità regionale e sovra regionale, anche in vista di Expo 2015”.
Il Piano territoriale regionale stabilisce le nuove politiche per la Lombardia per i prossimi decenni e, oltre a fissare le nuove politiche di settore per i prossimi anni in Lombardia, rilancia l’ obiettivo di migliorare la qualità della vita dei cittadini. Un traguardo che si declina pensando che il suolo è una risorsa primaria non replicabile, e che occorre una corretta integrazione – soprattutto nel nostro territorio metropolitano milanese – tra aree urbanizzate e aree libere.
“Vogliamo conservare i tratti più significativi dell’ identità lombarda – ha detto Boni -: le aree lacuali e fluviali, i centri urbani storici nel loro rapporto con il territorio circostante, i paesaggi agrari e montani, le aree dei navigli, senza dimenticare i territori degradati, abbandonati, privi di una adeguata funzione sociale”.
Nell’ area milanese ci sono ancora 750 ettari (7 milioni e mezzo di metri quadrati) di aree industriali dismesse, in oltre 150 siti; di questi circa un terzo sono stati abbandonati nel corso degli ultimi dieci anni, un altro terzo nel decennio precedente (1990 – 2000).
“Un fenomeno quindi ancora assai rilevante – ha aggiunto Boni – che non tocca più i grandi complessi industriali, in parte ancora da recuperare, ma si estende alle piccole aree produttive, spesso frammiste al tessuto residenziale”.
In questa prospettiva si inserisce anche l’ iniziativa regionale legata al rilancio del settore edilizio. “Abbiamo convinto il Governo nazionale – ha ricordato l’ assessore – a raccogliere la proposta lombarda puntando al massimo utilizzo del patrimonio edilizio esistente, nel rispetto della qualità, urbanistica e architettonica, alla promozione delle operazioni di riconversione urbana, con la possibilità di sostituzione degli edifici esistenti, e alla flessibilità dei parametri urbanistici in rapporto alle esigenze delle famiglie”.
Attenzione ai valori storici, architettonici e paesaggistici, dunque, ma anche alla caratterizzazione ambientale dei nuovi fabbricati.
“Con il nuovo Piano abbiamo previsto la possibilità di intervenire anche nei centri storici – ha detto l’ assessore – ma solo per sostituire edifici incompatibili con le caratteristiche proprie di tali zone. Abbiamo consentito anche la sostituzione degli edifici industriali esistenti, ma solo nelle aree che i piani urbanistici comunali destinano a funzione produttiva. Anche qui chiediamo però qualità, risparmio energetico e rispetto ambientale”.
Questa legge offre quindi occasioni importanti di intervento per costruire il bello: le amministrazioni locali, i professionisti e gli operatori del settore cerchino di coglierle e di interpretarle al meglio – ha concluso Boni -. Abbiamo stimato che la legge potrà coinvolgere oltre 9 milioni di metri cubi residenziali e circa 1 milione e mezzo di metri cubi industriali. Un investimento complessivo di circa 6 miliardi di euro. Un risparmio di oltre 610.000 megawatt / ora e un aumento di 30.000 posti di lavoro all’ anno. Un’ occasione importante, da non perdere”.
Paolo 5 Giugno 2010 il 23:13
Un’ importante questione è quella del risparmio del consumo di suolo citata nel primo articolo di legge. La legge lo prevede, succede però che non viene perseguito perchè gli oneri che i comuni incassano, permettendo l’espansione edilizia, permettono ai comuni di pagare le spese correnti interne soprattutto in questo periodo in cui questi vengono lasciati senza fondi.
Ma allora cosa si può fare? È plausibile l’opzione consumo zero? Non si costruisce più? Si può costruire ancora ma con criterio, ad esempio recuperando le aree dismesse e il ricompattare il tessuto urbano.
se andiamo avanti così tra 55 anni, tranne fiumi, laghi e parchi avremo occupato quasi tutto il nostro territorio. Lo vogliamo davvero?