Quando occorre la Valutazione di impatto ambientale per le fonti rinnovabili? Il nodo non è certo sciolto dalle norme nazionali, in quanto la materia è oggetto di legislazione concorrente con quelle regionali. Il Codice dell’ ambiente (Dlgs n. 152 / 2006) detta gli obblighi di Via, pur nel rispetto delle competenze regionali.
Le regioni avevano un anno di tempo per varare norme proprie o adeguare quelle già vigenti ai suoi principi. In seguito il Dlgs n. 4 / 2008 ha introdotto modifiche radicali nel Codice, cosicché gli enti locali hanno goduto di una proroga automatica, fino a metà febbraio 2009.
In particolare il Dlgs, nella sua versione attuale, stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano potevano definire un incremento o un decremento massimo nella misura del 30% delle soglie previste per essere esentati dalla Via e soprattutto, “criteri o condizioni di esclusione dalla verifica di assoggettabilità”.
Ci si potrebbe quindi chiedere: “Le regioni hanno agito in tempo, varando norme ad hoc?” La domanda è però mal posta. Infatti il Dlgs non esclude che le norme regionali esistenti prima del suo varo possano essere totalmente o parzialmente valide, a patto che non siano in contraddizione con il suo dettato. Ora, poiché il Dlgs consente le esclusioni dalla Via, tali esclusioni potrebbero essere dettate anche da norme antecedenti al suo varo.
Facciamo un esempio: la legge n. 7 / 2004 nelle Marche non assoggetta a Via gli impianti per la produzione di energia elettrica da conversione fotovoltaica ed impianti solari termici la cui superficie occupata dai pannelli sia pari o inferiore a complessivi 5. 000 metri quadrati riferita alla sola superficie radiante o quelli integrati totalmente o parzialmente su edifici o su elementi di arredo urbano. Stesso discorso per gli impianti eolici singoli, fino a quattro, con altezza fuori tutto minore o uguale a 20 metri.
Per i progetti ricadenti, anche parzialmente, all’ interno di aree naturali protette, le soglie dimensionali sono ridotte del 50 per cento. D’ altronde anche la Val d’ Aosta, con la legge n. 14 / 199 assoggetta a Via ordinaria gli impianti geotermici, eolici e solari per la produzione di energia oltre i 3 Mw e a procedura abbreviata quelli da 1 a 3 Mw. Nelle aree protette le soglie sono ridotte del 20%. La procedura semplificata consiste in una semplice relazione tecnica da parte del progettista. Insomma, inclusioni ed esclusioni dalla Via potrebbero essere ancora valide, anche se decise in epoche antecedenti al varo del Codice.
La Puglia, viceversa, ha agito in questi ultimi tempi. Ha infatti escluso da Via, con modifiche alla legge n. 11 / 2001, gli impianti eolici con potenza fino a 1 Mw nonché quelli fotovoltaici fino a 10 Mw. La Basilicata ha creato anch’ essa esenzioni per l’ eolico fino a 100 kw (50 kw in aree protette) e per il fotovoltaico integrato e parzialmente integrato, ma con un area inferiore a 2 mila mq, limite non previsto dal Dm 19 / 2/2007 (con la legge 9/2007 di modifica alla l. 47 / 1998). La Toscana ha invece sostanzialmente riconfermato le norme nazionali.
L’ indagine sulle norme locali è complicata dal fatto che alcune regioni (per ora, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Marche e Puglia) hanno demandato alle province, in tutto o in parte, le proprie competenze in materia di Via: un trend destinato a crescere anche in futuro e a rendere arduo il tentativo di avere un quadro completo delle regole vigenti. Inoltre, in attesa della riforma delle leggi sulla Via, molti enti locali hanno dettato norme transitorie o particolari, tramite semplici provvedimenti di Giunta e Consiglio.
L’ impatto della Via sul fotovoltaico è, attualmente, abbastanza ridotto in termini percentuali. Le norme nazionali infatti, escludono gli impianti integrati e semi – integrati (cioè quelli sopra i tetti), oltre a quelli fino a 20 kw. Coinvolti quindi sono solo i grandi impianti a terra. Per realizzarli, occorrerà quindi sopportare i costi della procedura di screening per sapere se la Via è necessaria e, in qualche caso, anche quelli della Via vera e propria.
Ad essi si aggiungono i costi dell’ Ici (l’ imposta comunale sugli immobili), che secondo recenti interpretazione delle agenzie delle Entrate e del Territorio, potrebbe essere richiesta dai Comuni ai proprietari degli impianti a terra. C’ è quindi il rischio di frenare lo sviluppo del fotovoltaico non integrato di grandissime dimensioni e d potenza, che secondo molti è il vero business futuro e per i quali pendono molte richieste di autorizzazione al Gse (gestore dei servizi elettrici).
Per gli impianti eolici, infine, lo screening o la Via sono sempre un grosso ostacolo da affrontare, dato il loro forte impatto visivo sul territorio. Molto dipende dalla rigidità o dal lassismo delle norme locali. Non a caso sono state soprattutto le regioni del Sud le più solerti a legiferare in materia, perché più coinvolte dallo sviluppo del settore.
Quando occorre la Valutazione di impatto ambientale per le fonti rinnovabili?
Il nodo non è certo sciolto dalle norme nazionali, in quanto la materia è oggetto di legislazione concorrente con quelle regionali.
Il mosaico delle autorizzazioni
La valutazione di impatto ambientale è solo uno dei tasselli necessari per comporre il quadro delle autorizzazioni per le fonti rinnovabili. Il suo iter viaggia infatti in parallelo con tre tipi di procedure: l’ Autorizzazione unica, la Denuncia di inizio di attività (Dia) e la semplice comunicazione al Comune, senza bisogno di particolari assensi.
L’ Autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate, comprende in genere al suo interno anche la Via. La legge Finanziaria 2008 ha però semplificato le procedure, concedendo che per gli impianti di potenza medio – bassa possa bastare una semplice Denuncia di inizio attività. Si tratta di quelli eolici fino a 60 kw, dei fotovoltaici fino a 20 kw, degli idraulici fino a 100 kw, di quelli a biomasse fino a 200 kw e di quelli a biogas fino a 250 kw. In caso di Dia, la Valutazione di impatto può essere o non essere necessaria, ed ha un iter del tutto autonomo.
Le regioni si stanno via via inserendo nel processo normativo, dettando a loro volta regole proprie e, spesso, consentendo la realizzazione di impianti di piccola taglia con un minimo di burocrazia Per esempio la legge Liguria n. 45 del 24 / 12/2008 afferma che non sono soggette a titolo abilitativo, ma a semplice comunicazione di avvio dell’ attività da effettuarsi contestualmente all’ inizio dei lavori, l’ installazione di pannelli fotovoltaici non integrati o aderenti fino a 20 mq o quella di pannelli di qualsiasi potenza, integrati o aderenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, purché di superficie non superiore a quella della copertura. In Calabria (Legge n. 42/2008), non necessitano di nessuna Dia e neanche di Comunicazione gli impianti fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda. E così via.
Sempre in parallelo possono viaggiare anche altre autorizzazioni, che sono o non sono necessarie, a seconda dei casi. La più importante è senz’ altro quella paesaggistica, che è intimamente legata ai siti dove sorge l’ impianto e può essere molto difficile da ottenere, soprattutto per l’ eolico, che ha strutture che spiccano notevolmente dal terreno e che, per poter funzionare al meglio, sono spesso situate sui crinali di monti e colline.
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