I contenuti del DPR attuativo dell’ art. 4, comma 1, lettere a) e b), del Dlgs 192 / 2005, approvato in via definitiva il 6 marzo scorso dal Consiglio dei Ministri: criteri generali, metodologie di calcolo e requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici per la climatizzazione invernale e per la preparazione dell’ acqua calda per usi igienici sanitari. Almeno il 50% dell’ energia richiesta per la produzione di acqua calda deve essere prodotta da fonti rinnovabili.
Le nuove norme si applicano all’ edilizia pubblica e privata e alle ristrutturazioni di edifici esistenti e adottano – per le metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici – le norme tecniche nazionali della serie UNI / TS 11300 a oggi disponibili:
a) UNI / TS 11300 – 1 Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 1: Determinazione del fabbisogno di energia termica dell’ edificio per la climatizzazione estiva ed invernale;
b) UNI / TS 11300 – 2 Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 2: Determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria.
L’ art. 4 illustra i criteri generali e i requisiti delle prestazioni energetiche degli edifici e degli impianti, in caso di nuova costruzione, di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria, confermando quelli fissati dell’ allegato I del Dlgs 192 / 2005, con l’ aggiunta di ulteriori disposizioni, quali, ad esempio:
– precisazioni sui valori di trasmittanza limite per le chiusure apribili dell’ edificio (porte, finestre, ecc);
– introduzione, in attesa del completamento della normativa tecnica, di un valore massimo ammissibile della prestazione energetica per il raffrescamento estivo dell’ involucro edilizio;
– introduzione di limitazioni alla decentralizzazione degli impianti termici e disposizioni per un graduale passaggio alla contabilizzazione del calore in presenza di impianti di riscaldamento condominiali;
– requisiti specifici minimi per i limiti di emissione del generatore e l’ isolamento dell’ involucro edilizio in caso di nuove costruzioni o di ristrutturazioni importanti di edifici dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili;
– modifica degli obblighi di trattamento dell’ acqua per gli impianti di riscaldamento;
– valutazione di utilizzo, in presenza di ristrutturazioni di edifici esistenti, di sistemi schermanti o filtranti per le superfici vetrate;
– fissazione, per gli immobili pubblici o ad uso pubblico, di requisiti più restrittivi rispetto all’ edilizia privata.
Inoltre, per tutte le categorie di edifici pubblici e privati, è obbligatorio l’ utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia termica ed elettrica. Nel caso di nuove costruzioni, installazione di nuovi impianti termici o ristrutturazione degli impianti termici esistenti, l’ impianto di produzione di energia termica deve produrre con fonti rinnovabili almeno il 50% dell’ energia richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria. Tale limite scende al 20% per gli edifici situati nei centri storici.
Nel caso di nuove costruzioni pubbliche e private, o di ristrutturazioni, è obbligatoria l’ installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e la predisposizione del collegamento a reti di teleriscaldamento, se presenti a meno di 1.000 metri, o in presenza di progetti approvati nell’ ambito di opportuni strumenti pianificatori.
I calcoli e le verifiche relative alle prestazioni energetiche dovranno essere inserite dal progettista in una relazione che attesti la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e degli impianti termici che, ai sensi dell’ art. 28, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, il proprietario dell’ edificio deve depositare presso le amministrazioni competenti insieme alla denuncia dell’ inizio dei lavori.
I calcoli e le verifiche devono essere eseguiti utilizzando metodi che garantiscano risultati conformi alle migliori regole tecniche, come le norme tecniche predisposte – ad esempio – da UNI e CEN. L’ utilizzo di altri metodi e procedure sviluppati da organismi istituzionali quali l’ ENEA, le università o gli istituti del CNR, è possibile purché i risultati conseguiti risultino equivalenti o conservativi rispetto a quelli ottenibili con i metodi di calcolo suddetti.
Le disposizioni del nuovo decreto – si legge all’ art. 6 – si applicano alle Regioni e Province autonome che non abbiano ancora adottato propri provvedimenti in applicazione della direttiva 2002 / 91 / CE. Nel disciplinare la materia, le Regioni e le Province autonome possono definire metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici diverse da quelle nazionali, ma che trovino indirizzo e riferimento in queste stesse metodologie. Possono, inoltre, fissare requisiti minimi di efficienza energetica più rigorosi, tenendo conto dei costi di costruzione e di gestione dell’ edificio, delle problematiche ambientali e dei costi a carico dei cittadini, con particolare attenzione alle ristrutturazioni e al contesto socio – economico territoriale.
Le Regioni e le Province autonome che hanno già una normativa in materia, devono attuare un graduale ravvicinamento dei propri provvedimenti con le norme statali. L’art. 7 prevede che i software commerciali, applicativi delle metodologie introdotte dal decreto, debbano garantire che i valori degli indici di prestazione energetica, calcolati attraverso il loro utilizzo, abbiano uno scostamento massimo di più o meno il 5% rispetto ai parametri determinati con l’ applicazione dello strumento nazionale di riferimento. Tale garanzia deve essere fornita attraverso una verifica e dichiarazione resa dal Comitato termotecnico italiano (CTI) o dall’ Ente nazionale italiano di unificazione (UNI).