Sono operatori professionali che investono per locare (e rivendere) e non per l’ uso diretto, come accade nel mercato della casa. Lo fanno attraverso i fondi di investimento immobiliare, i fondi pensione, le casse di previdenza, le property company, ecc. In periodo di crisi, per la mancanza di liquidità, investono solo se l’ immobile è di qualità (ad esempio sotto il profilo dell’ efficienza energetica), se è occupato da un inquilino stabile ed ha una redditività da locazione di almeno il 6,5-7%. L’ offerta di tali immobili, tuttavia, è rara, poiché i proprietari preferiscono conservarli per farne aumentare il valore. Di conseguenza, come accertato da un’ indagine Nomisma sui principali investitori operanti sul mercato italiano, oggi tale mercato istituzionale è quasi completamente bloccato. Oggi il mercato istituzionale si è così assottigliato che negli ultimi mesi non pare esservi traccia di operazioni di dimensione superiore ai 20 / 30 milioni di euro, ovvero operazioni di un taglio che, sino al 2007, erano da collocarsi nella fascia bassa del mercato degli investitori istituzionali.
Si sarebbe creata una forbice fra il rendimento medio degli uffici (5,1%) nel mercato al dettaglio, fortemente connotato da investitori – utilizzatori diretti, e il rendimento delle operazioni fattibili (ma in realtà non disponibili) in quello professionale (6,5 – 7%). Il quale è connotato da operatori che si trovano ad avere in portafoglio immobili di pregio ma con redditività non più allineata a quella necessaria per rendere realmente liquidabile l’ investimento.
PREVISIONI
Esiste una domanda arretrata di immobili di qualità. Ma solo con il ritorno della liquidità si potrebbero realizzare operazioni importanti e con tassi di interesse più bassi di quelli attuali. Altrimenti, si prevede che i valori degli immobili detenuti dai grandi investitori debbano allinearsi alle richieste dei compratori, per essere eventualmente liquidati, salvo un improbabile aumento dei canoni di locazione.
