Federalismo fiscale il parere di Confedilizia

di Redazione Commenta

A parere della Confedilizia, il federalismo è un vero federalismo se ed in quanto sia (come in Svizzera) competitivo. Sul piano fiscale, anzitutto. In sostanza, il cittadino vota trasferendosi ad abitare ove ottiene migliori servizi a minori costi. E la competizione territoriale richiede che il confronto sui migliori servizi prestati, a minori costi, per i contribuenti, si basi su una ine-ludibile esigenza: che in tutt’Italia unico sia il metodo di valutazione dei servizi resi. Senza questo unico metodo non vi sarebbe possibilità di confronto, non vi sarebbe concorrenza, non vi sarebbe quindi federalismo. Solo il federalismo competitivo porta ad una diminuzione delle imposte. E sotto questo profilo, desta preoccupazione il fatto che Regioni ed Autonomie locali mirino oggi, in buona sostanza, a farsi riconfermare i livelli di entrata (e conseguentemente di spesa) già in essere. Con una sostanziale riconferma, quindi, del criterio della spesa storica, pur formalmente ripudiato. Invero, è ferma convinzione della Confedilizia che gli sprechi si possano ridurre procedendo anzitutto ad un taglio (netto e pregiudiziale, sia pure graduale negli anni) dei tributi: solo – come si dice negli Stati Uniti “affamando la bestia” (della spesa pubblica) si porranno gli Enti locali nella condizione obbligata di ridurre gli sprechi, la cui voragine è proprio rappresentata dalla spesa locale (che non ha in Italia alcun controllo né di merito né di legittimità come in nessun’altra parte d’Europa avviene).
SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1117 (Ferma, comunque, la necessità di raggiungere gli obiettivi sopra enunciati).

1) La Confedilizia è favorevole alla reintroduzione del criterio delle spese obbligatorie e delle spese facoltative (che caratterizzavano una volta i bilanci degli Enti locali). Apprezza quindi quanto il disegno di legge gover-nativo prevede in materia di classificazione delle spese, pur non rappresentando quest’ultima come prevista piena attuazione dell’anzidetto criterio.
2) La Confedilizia esprime preoccupazione per la previsione di un considerevole numero di autorizzazioni all’istituzione di tributi propri da parte degli Enti locali, accompagnata da disposizioni derogatorie in materia di aliquote altrettanto preoccupanti.
Al proposito, la Confedilizia esprime l’avviso che il dibattito sul federalismo vada affrontato, per fare opera costruttiva, in termini concreti, e di estrema chiarezza. Non giova al dibattito l’indiscriminata (e indimostrata) affermazione ricorrente che la tassazione sugli immobili costituisce la base della finanza locale in tutti gli Stati, senza l’ulteriore necessaria previ-sione del tipo di tassazione al quale ci si riferisce o che si propone. Il tributo locale, ove è stato istituito, è infatti estremamente variegato: è in alcuni Paesi correlato ai servizi ed al loro livello, colpisce in altri come in Francia non il valore degli immobili (come fa l’Ici) ma solo il loro valore locativo, è collegato in altri ancora per esempio in alcuni distretti de-gli Stati Uniti al finanziamento di specifiche istituzioni, come quelle scolastiche.
Ove collegato agli immobili, il tributo è – e non può che essere – a carico degli utilizzatori (proprio anche perché questi possono spostarsi, e dare concreta attuazione al principio di concorrenza) ed è fondato su una precisa correlazione ai servizi basata sul metro del beneficio e su criteri impositivi uniformi, che rendano possibile il paragone sulla qualità e sui costi dei servizi in un territorio e nell’altro e quindi la competizione territoriale. Nel senso di un’unica imposizione sui servizi, e di un’unica modalità di prelievo, andava del resto il disegno di legge Berlusconi-Tremonti 28.12.2001.
3) La Confedilizia non considera accettabile che i previsti tributi di scopo non debbano essere collegati a precise opere pubbliche, e solo ad opere pubbliche, e che – com’è nel testo presentato al Senato – l’entità del tri-buto non sia correlata al principio del beneficio recato, che le stesse Au-tonomie locali avevano già accettato ancora anni fa avanti l’Alta Com-missione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del fede-ralismo fiscale.
4) La Confedilizia esprime forti perplessità sui contenuti letterali di una specifica disposizione, l’art. 10, comma 1, lett. h), nel quale si afferma che “gli enti locali, entro i limiti fissati dalle leggi e possono disporre del potere di modificare le aliquote dei tributi loro attribuiti da tali leggi e di introdurre agevolazioni”. Ci si chiede a quali leggi il Governo abbia inteso riferirsi nei due casi in cui tale espressione viene utilizzata – se statali o regionali – posto che, in particolare, l’ipotesi che Comuni e Provincie possano disporre aumenti di aliquote di tributi propri nell’ambito di limi-ti stabiliti da leggi regionali è in contraddizione con la previsione di cui all’ultima parte della lettera a) dell’art. 10, primo comma, del disegno di legge in parola e tale da totalmente vanificarla.
ALCUNE PROPOSTE
A) Union square, a New York, è “gestita” – ed è solo un esempio dei tanti analoghi che si potrebbero fare – dagli stessi cittadini che vi abitano: ne curano la manutenzione in cambio di benefici fiscali concordati con l’amministrazione della città. Una possibilità del genere dovrebbe essere introdotta anche da noi.
B) Il cittadino deve – almeno in parte – ridiventare (come quando i Parlamenti controllavano la spesa dei sovrani) padrone dell’imposta (ne ha scritto il prof. Luca Antonini su “Amministrazione civile”, 2006). Va allargata, per i contribuenti, la possibilità – già esistente – di destinare una quota delle proprie imposte ad enti meritevoli, ma va data, sempre ai contribuenti, anche la possibilità di scegliere tra il finanziamento di un’o-pera pubblica o di un’altra, e questo attraverso adeguate forme di consul-tazione popolare, vincolanti per la classe dirigente politica.
C) Va seriamente esplorata la possibilità di introdurre nel nostro ordina-mento (quantomeno per gli enti locali che volessero aumentare gli attuali livelli di spesa e di fiscalità) il sistema di controllo indiretto di questi ultimi studiato dall’americano Dwight Lee, un economista studioso della teoria delle scelte pubbliche: potestà impositiva condizionata (A) al pa-reggio del bilancio su base annua e (B) alla devoluzione al governo cen-trale di una percentuale fissa dell’imposizione tributaria locale.
D) Devono essere varati rigorosi (e dettagliati, non per grandi capitoli) crite-ri di classificazione dell’imposizione fiscale locale, così che si possa stabilire – per ogni ente locale – il preciso giorno di “liberazione fiscale” (il giorno in cui si comincia a lavorare per sé, quindi, e non più per il Fisco), come è possibile fare negli Stati Uniti per i singoli Stati.
E) Il controllo elettorale sulla spesa, in gran parte – condizionato com’è da diffuse pratiche clientelari, dirette o indirette – non funziona più. Bisogna prenderne formalmente atto e provvedere di conseguenza. La via giusta è quella di stabilire che in caso di modifica delle aliquote di imposta (e, specie per i tributi di scopo, anche nel caso della loro istituzione) sia possibile – come in Svizzera – lanciare un referendum al proposito.

www.confedilizia.it

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