La tassazione, ai fini Irpef, dei canoni di locazione dal locatore non percepiti è una questione che anima da tempo la giurisprudenza. La materia trova la sua disciplina giuridica nell’art. 26 del Tuir (d.p.r. n. 917 del 22.12.’86) nonché nelle diverse disposizioni contenute nel medesimo Testo unico che individuano il reddito dei fabbricati da assumere come base imponibile dell’Irpef (art. 36, c. 1 e art. 37, cc. 1 e 4-bis). Dette norme sono state oggetto di un’attenta analisi da parte della Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi sulla loro legittimità alla luce degli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, ha offerto una puntuale interpretazione delle stesse nella parte in cui assumono quale base imponibile, ai fini della tassazione Irpef del reddito fondiario di un immobile locato, l’importo del canone locativo convenuto in contratto, anziché il reddito medio ordinario desunto dalla rendita catastale, anche quando, a causa della morosità del conduttore, tale canone non sia stato effettivamente percepito. I giudici delle leggi hanno rilevato, così, che tale impianto è coerente con “il principio di uguaglianza e con il correlativo parametro di ragionevolezza” se si valuta il ristretto ambito applicativo della disciplina e “se si considera la naturale forza espansiva del precetto generale che utilizza il reddito medio catastale”. Conseguenza di ciò è che il riferimento operato dalle predette norme al canone di locazione (anziché alla rendita catastale), come base imponibile Irpef, “potrà operare nel tempo – ha testualmente detto la Consulta – solo fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico”.
Quando, invece, la locazione “sia cessata per scadenza del termine (art. 1596 cod. civ.) ed il locatore pretenda la restituzione essendo in mora il locatario per il relativo obbligo, ovvero quando si sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456 cod. civ.), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art. 1454 cod. civ.)”, il citato riferimento al
reddito locativo non sarà più “praticabile”, tornando in vigore la rendita catastale; così come non sarà più praticabile, anche per il caso in cui il locatore invochi l’inadempimento e la risoluzione prima della sentenza di risoluzione giudiziale, allorché “risulti in maniera certa che abbia scelto la via di risolvere il contratto” (sent. 362 del 12.7.’00).
Le appena riferite conclusioni sono state ampiamente recepite dalla Cassazione (sent. n.
12905/’07, n. 24444/’05 e n. 6911/’02). In sostanza, seguendo le indicazioni comportamentali della Corte Costituzionale (e come da precise istruzioni operative impartite già a suo tempo dalla Confedilizia) è possibile superare il dettato normativo – di cui all’art. 8, comma 5, l. n. 431/’98 – che lega la possibilità di non tassazione dei redditi da locazione alla “conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore”.
Tassazione dei canoni di locazione non percepiti
di 1 Settembre 2008Commenta