Oggi in Toscana possiamo produrre, ricavandola da quella marina, meno di 3.000 metri cubi al giorno di acqua potabile. Invece si può e si deve fare di più. E’ arrivato il momento di potenziare questa nostra capacità, attraverso un uso intelligente dei dissalatori. Partiamo dal raddoppio di quello del Giglio e dalla ultimazione dell’impianto di Giannutri, per contribuire a risolvere i problemi idrici delle isole dell’Arcipelago. Intanto porteremo la nostra capacità a 4.300 metri cubi al giorno. Poi verificheremo se è possibile realizzarne altri lungo la costa, a partire da Punta Ala e Scarlino. Destineremo a questo scopo una parte dei 5 milioni di euro previsti per quest’anno dal Patto per l’acqua». L’assessore alle risorse idriche, Marco Betti, ha scelto questo inizio di ennesima estate siccitosa per fare il punto della situazione regionale e per lanciare la sua idea di un sistema di dissalatori che si aggiunga ai due già esistenti. «Ormai – precisa Betti – questa tecnologia ha raggiunto costi competitivi. Basti pensare che un dissalatore capace di servire 100.000 abitanti costa 1 milione di euro e ha spese di gestione che variano da 0,75 centesimi ad 1 euro e 50 al metro cubo di acqua prodotta. Significa che ricavare 1 litro di acqua potabile da quella marina costa al massimo 15 millesimi di euro, cioè 2,9 delle vecchie lire. Se a ciò si aggiunge che alimentando gli impianti con pannelli fotovoltaici anche il consumo di energia si riduce, che l’acqua trasportata con le bettoline costa 30 euro al metro cubo e a parte lo spreco energetico nel 2004 abbiamo speso per questo 4 milioni di euro, ben si dimostra come un dissalatore si ripaghi ampiamente, e in poco tempo».
E per convincere della qualità dell’acqua dissalata, l’assessore Betti cita l’esempio della regione spagnola di Murcia, dove 2,3 milioni di abitanti ricevono dall’acquedotto locale acqua proveniente per tre quarti dal mare e per un quarto dal fiume. L’assessore ha organizzato anche un assaggio di acque con voto finale, riservato ad una giuria di giornalisti, ai quali ha proposto cinque diverse acque potabili, da quella dell’acquedotto, ad una delle minerali in commercio, all’acqua dissalata che gli spagnoli vendono in bottigliette da mezzo litro.
«Aiutare le zone più siccitose come le coste grossetane utilizzando l’acqua di mare – conclude l’assessore – significa poter far fronte al picco delle richieste estive causate dalla forte presenza turistica, risparmiare l’acqua dell’Amiata e ridurre gli effetti del cuneo salino, cioè l’intrusione dell’acqua salata nelle falde di quella dolce. Ovviamente il primo obiettivo da cogliere è quello di ridurre gli sprechi, favorire il riutilizzo e l’uso razionale della risorsa, ma nell’acqua di mare possiamo avere un valido alleato in più contro la sete della Toscana».
Toscana: l’acqua potabile arriva dal mare
di 17 Luglio 2008Commenta