Uno tsunami “che sta colpendo i Paesi consumatori e, in particolare, il nostro”: così ha aperto la sua presentazione dell’annuale Relazione sullo stato dei servizi e sulla attività svolta il Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, Alessandro Ortis, riferendosi al caro-petrolio. Per Ortis, si è in un momento certamente più critico, difficile ed impegnativo di un anno fa. In assenza di nucleare, con uno scarso utilizzo del carbone, con un limitato contributo da fonti rinnovabili competitive, infatti, l’Italia è ancora molto esposta all’importazione di idrocarburi (quasi l’80% del fabbisogno energetico, contro una media europea inferiore al 50%) e la sua produzione elettrica è oggi basata sul gas naturale (combustibile con quotazioni ancora troppo ancorate a quelle del greggio) per quasi il 60% (contro una media europea del 20%). Così, il caro-petrolio colpisce duramente i costi energetici e le bollette dei consumatori.
Tutto ciò conferma l’assenza di un vero mercato, piuttosto che il fallimento di quello che non è ancora un mercato; manca, infatti, una piattaforma, ben regolata e trasparente.
Di fronte a questo contesto, il Presidente dell’Authority dell’Energia sprona a reagire e a impegnarsi più che mai per puntare verso un mix di copertura meno petrolio-dipendente e più competitivo: più carbone, più rinnovabili, apertura al nucleare. Ma anche rendere più efficienti i mercati; beneficiare di una forte e sana concorrenza; dotarsi di una adeguata capacità infrastrutturale; migliorare l’efficienza energetica; incoraggiare l’Unione Europea a far valere, nei rapporti con i Paesi produttori di idrocarburi, la tanto auspicata single voice, il potere contrattuale di cinquecento milioni di consumatori; un potere che isolatamente, né l’Italia, né altro Stato dell’Unione, può avere sul mercato internazionale degli idrocarburi.
Ma il bilancio tracciato giovedì 10 luglio a Roma non è del tutto negativo: se il caro-petrolio e il caro-gas li hanno resi meno evidenti, restano innegabili i vantaggi acquisiti con le prime aperture dei mercati alla concorrenza oltre che con la riduzione delle tariffe infrastrutturali. Senza questi primi vantaggi, infatti, gli aumenti recentemente registrati sarebbero stati certamente superiori. Per contrastare lo ‘tsunami’ del caro-petrolio (+110% in € in 18 mesi) e del caro-gas servono “iniziative forti” – sostiene Ortis – per diversificare il mix di fonti, sviluppare le infrastrutture, arrivare ad un’azione politica dell’Europa che deve parlare con una ‘voce sola’ e una “borsa europea del greggio” di lungo periodo per contrastare la speculazione sui cosiddetti ‘barili di carta’.
Riguardo alla separazione proprietaria delle reti del gas, questa resta la soluzione migliore per assicurare più concorrenza, sicurezza degli approvvigionamenti, adeguato sviluppo delle infrastrutture, blindare la proprietà e costruire una rete europea integrata. Restando nel gas, la concorrenza e la sicurezza sono “sotto i livelli desiderabili”: il mercato è in forte ritardo e registra evidenti asimmetrie rispetto all’elettrico (dove sono presenti positivi passi in avanti). Il Rapporto evidenzia anche come Eni sia ancora dominante e scarseggino le infrastrutture quali stoccaggi, rigassificatori e gasdotti. Il nostro Paese è ancora ben lontano da quell’assetto virtuoso ove l’offerta di capacità di gas possa sopravanzare, sempre e proattivamente, il crescente fabbisogno; le infrastrutture sono una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per guardare ad un mercato vero e garantire sicurezza. A questo proposito Ortis ha ricordato come Enel, anche grazie alla cessione della rete di alta tensione (Terna) ha reperito le risorse necessarie per una importante crescita internazionale che va nella giusta direzione di trasformare i nostri ex monopolisti in campioni multinazionali che riducono la loro posizione dominante in patria per proseguire nella crescita, conquistando quote di mercato all’estero.
– Enel
olympic 27 Luglio 2013 il 08:58
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