L’esenzione Ici si estende a tutte le unità immobiliari che il Comune ha assimilato alle abitazioni principali con apposito regolamento, a condizione che questo fosse già vigente prima del 29 maggio scorso, giorno di entrata in vigore del decreto legge che ha stabilito l’esonero dal pagamento dell’imposta. La disposizione di favore non è applicabile se il regolamento, pur essendo retroattivo dal 1° gennaio dell’anno di riferimento, diventa esecutivo dopo questa data. È uno dei principali chiarimenti forniti dal dipartimento delle Finanze con la risoluzione n. 12/Df del 5 giugno. Il documento di prassi risponde all’esigenza di diradare alcuni dubbi interpretativi sulle modalità di applicazione pratica delle nuove norme in materia di Ici approvate dal Consiglio dei ministri. In particolare, il provvedimento si sofferma sulle condizioni per il riconoscimento dell’esenzione, ribadendo che questa spetta a tutte le tipologie di immobili adibiti ad abitazioni principali, ad eccezione di quelli appartenenti alle categorie catastali A/1 (case signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi eminenti).
Requisito indispensabile per godere del beneficio è inoltre il possesso dell’immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale, tranne in alcuni casi specifici espressamente previsti dal decreto, come quello della ex casa coniugale e degli edifici appartenenti a cooperative a proprietà indivisa e agli Iacp, gli istituti autonomi per le case popolari. Per quanto riguarda il primo caso, il decreto n. 93 del 27 maggio, rifacendosi alla normativa che ha istituito l’Ici nel 1992, estende il beneficio previsto per l’abitazione principale al coniuge non assegnatario, purché questo non possa vantare il diritto di proprietà o un altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione principale e situato nello stesso comune in cui si trova la casa coniugale. Di conseguenza, l’esenzione Ici per l’ex alloggio familiare è comunque applicabile se il coniuge non assegnatario possiede nello stesso comune un altro immobile non utilizzabile come abitazione principale perché, ad esempio, affittato. Lo stesso vale se il coniuge non assegnatario stabilisce come propria abitazione principale un immobile di cui è proprietario (o su cui esercita un altro diritto reale) e che è situato in un comune diverso da quello della ex casa coniugale. Ciò significa, in parole povere, che il coniuge separato non assegnatario gode di una doppia esenzione Ici, una per la casa in cui abitava quando era sposato e l’altra per l’unità immobiliare in cui ha stabilito la propria residenza anagrafica, a condizione che questa sia in un comune diverso da quello della ex casa coniugale. La risoluzione prende in considerazione anche la possibilità che il coniuge non assegnatario viva in un immobile situato nello stesso comune della sua vecchia casa e concessogli da un familiare in uso gratuito. L’esenzione per la ex casa coniugale va riconosciuta anche in questo caso, mentre il parente ne ha diritto per l’immobile dato in prestito solo se il regolamento comunale lo assimila all’abitazione principale.
Tornando a questioni più generali, la risoluzione del dipartimento delle Finanze specifica che i concetti di dimora abituale e residenza anagrafica si equivalgono, ferma restando la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, ossia di dimostrare che abita abitualmente in un alloggio diverso da quello di residenza. In ogni caso, se lo stesso immobile è adibito ad abitazione principale da più persone originariamente tenute al pagamento dell’imposta, l’esenzione ora spetta a ciascuna di esse. Al contrario, se la stessa casa appartiene a tre persone, ma solo due vi risiedono abitualmente, la terza dovrà continuare a pagare l’Ici in base alla propria quota di possesso. Ancora, se il contribuente sposta la propria abitazione principale da un immobile all’altro durante l’anno, l’esenzione spetta per entrambe le unità, ma solo in proporzione alla durata di questa specifica destinazione.
Un paragrafo a parte è dedicato alle pertinenze dell’abitazione principale, come cantine, garage e altri locali di servizio. Queste, stando alla risoluzione, non vengono volutamente citate nel decreto che ha abolito l’Ici prima casa. Col suo silenzio, infatti, il legislatore legittima l’estensione dell’esenzione dall’abitazione principale alle sue pertinenze, salvo previsione contraria dei Comuni. Restano invece fuori dal nuovo regime di favore le case di cittadini italiani non residenti nel territorio nazionale, che però, se non affittate, continuano a godere della detrazione di base. Vale la pena di ricordare che se queste case sono state assimilate dal regolamento comunale all’abitazione principale, l’esenzione Ici è legittimamente applicabile.
Nelle ultime pagine, la risoluzione traccia le linee guida per procedere al rimborso delle somme, quantificate complessivamente in 1.700 milioni di euro, che le amministrazioni comunali perderanno già a partire da quest’anno in seguito all’abrogazione dell’Ici sulla prima casa. A questo proposito, si legge che “i criteri e le modalità per l’erogazione del rimborso ai Comuni dovranno essere stabiliti, in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 93 del 2008”. Il compito di avviare e seguire l’iter per il rimborso è attribuito al ministero dell’Interno, che provvederà a emanare un apposito decreto. Infine, uno spazio importante meritano le modalità di restituzione dell’imposta comunale ai contribuenti che l’abbiano già versata. Questa deve essere rimborsata d’ufficio dai Comuni e in ogni caso è possibile chiederne il rimborso entro cinque anni dal giorno del versamento. Un’opportunità che vale anche per i cittadini che, con la compilazione del quadro I del modello 730/2008, hanno usato il credito Irpef per compensare l’Ici un tempo dovuta per la prima casa.
Ermenegildo 25 Giugno 2008 il 19:13
Sono un dipendente comunale custode delle scuole,con annesso alloggio in cui ho la residenza e di cui non pago affitto. Ho acquistato una vecchia casetta che sto ristrutturando per abitarvi quando andrò in pensione (fra un anno) e il comune mi ha fatto pagare l’ ici dal settembre 2007(data dell’acquisto) e per tutto il 2008. E’ giusto?
Nicola 21 Gennaio 2009 il 22:34
Sono proprietario di un appartamento cat. A3 in un comune diverso da quello di residenza. Vivo però con tutta la mia famiglia in un altra citta dove conduco in locazione un altro immobile. Visto che l’immobile di mia proprietà non è affittato e ho provveduto a sigillare le utenze di acqua-luce e gas e comunicare il tutto al comune per la riduzione della TARSU, vorrei sapere se sono tenuto ancora a pagare l’ici oppure no. Sari grato se qualcuno riuscisse a chiarire questo enigma. Grazie
annoscia annarita 21 Aprile 2009 il 08:09
ho una casa di proprieta affittata ad altri ed io abito in una casa di proprieta del titolare di mio marito sita nell azienda stessa non pago l affitto e vorrei sapere se devo pagare comunque l ici .grazie
polimeni giuseppe 25 Giugno 2009 il 16:10
BUON giorno mi chiamo giuseppe polimeni sono dipendente del comune di roma ,sono custode con alloggio di servizio, all’interno dell’edificio scolastico e da trenta anni sonodomiciliato con la mia famiglia. ora il comune tramite L.A.M.A.mi chiede il pagamento della tari;io rispondo che questa tassa gia la paga anche pper mio contoil dirigente scolastico,dato che l’appartamento a me assegnato e’ cubato nell?area scolastica ,il capo d’istituto mi rilascia la documentazione che pagalui per lintera cubatura richiestae pertanto io sono esente,ebbeil comune vuole ugualmente ancheda me la tassa per l’area che occupo…..INAUDITO..secondo la legge devo pagare questa tassa? le sarei molto grato se mi risponde al piu presto…..giuseppe polimeni.