Formazioni politiche: le posizioni sul catasto e sulla cedolare secca

di Redazione Commenta

CATASTO

POPOLO DELLA LIBERTA’

“Pensiamo ad un Catasto reddituale, basato su redditi reali perché censiti direttamente sul territorio, così da pervenire ad una giusta imposizione fiscale immobiliare, pienamente in linea con il nostro ordinamento tributario”.

(lettera 7 marzo 2008 alla Confedilizia di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini)

UNIONE DI CENTRO

“Tassare gli immobili per quel che rendono anziché per il loro valore, secondo il criterio costituzionale della capacità contributiva, è un modo per rivitalizzare il mercato dell’affitto e venire incontro al disagio di tante famiglie.

L’Unione di Centro condivide dunque l’obiettivo che l’Ici cessi di essere una tassazione patrimoniale e diventi reddituale. Occorrerà perciò procedere alla revisione in senso reddituale del Catasto, censendo sul territorio i redditi degli immobili. Conseguentemente dovrà essere rivista la fiscalità immobiliare collegata al Catasto. Su questa posizione l’Unione di Centro assicura il suo coerente impegno parlamentare nella prossima legislatura”.

(lettera 27 marzo 2008 alla Confedilizia di Pierferdinando Casini)

PARTITO DEMOCRATICO

“Nel programma del PD si lanciano due obiettivi di grande rilievo in termini di riduzioni della fiscalità immobiliare.
Da un lato, il passaggio all’aliquota secca del 20% per la tassazione dei redditi percepiti sotto forma di canoni di affitto; dall’altro lato, una detrazione al 19%, con un tetto massimo di 2.000 euro, da riconoscere alle famiglie che pagano un affitto e che rispondano a condizioni economiche di bisogno. Per quanto riguarda il sistema di determinazione dei valori fiscali dei cespiti immobiliari (la cosiddetta «riforma del catasto»), il PD ritiene che essa non debba procurare in alcun modo una crescita del carico tributario nazionale e locale sugli immobili. I suoi eventuali effetti in termini di gettito andranno pertanto sterilizzati con corrispondenti revisioni verso il basso delle aliquote Ici, delle imposte di registro, delle imposte che colpiscono il valore di trasferimento degli immobili.
Il PD, peraltro, ritiene indispensabile riformare il modo in cui si determinano i valori fiscali degli immobili urbani.
Oggi le «rendite» delle unità immobiliari sono ferme ai valori del 1988 e sono inique sia perché i valori relativi tra unità immobiliari si sono diversificati proprio per il tempo passato (in questi venti anni sono mutati gli assetti urbanistici, sono state compiute ampie ristrutturazioni, sono mutati i valori relativi tra i territori, ecc.) e anche perché contenevano già in origine l’iniquità di una errata classificazione delle unità immobiliari. Infatti, le unità immobiliari classificate ai tempi dell’impianto del catasto urbano (1939-1962) sono rimaste anche nel 1990 (anno in cui è stata effettuata l’unica revisione degli estimi) con la stessa classificazione iniziale. Sicché, se per esempio una abitazione era stata classificata come «ultrapopolare» nel 1960, tale è rimasta anche nel 1990 essendo stata aggiornata ai valori correnti solo la tariffa della classe di appartenenza. Questo è il motivo di case ultrapopolari con rendita bassa in zone centrali delle grandi città, in cui oramai i valori e gli affitti sono assolutamente più elevati.
Chiariti questi punti prioritari, le modalità della riforma hanno valenza più tecnica che politica, in quanto il nodo politico è dato essenzialmente dalla scelta del livello di pressione tributaria che si intende far sostenere ai proprietari di immobili. Se, come affermato, si intende, ove compatibile con le politiche di finanza pubblica, procedere ad una riduzione delle imposte sugli immobili in affitto e sui trasferimenti, la scelta politica è chiara e trasparente.
Sul piano delle tecniche della auspicata riforma, poiché il catasto deve essere utilizzato a fini fiscali sia per determinare, nei casi dovuti, su quanto si deve pagare l’imposta (imponibile), sia per determinare la soglia dell’accertamento fiscale (così come è ora con il cosiddetto “valore normale» ai fini Iva), appare del tutto ovvio che un sistema catastale moderno e utile deve poter esprimere sia i redditi netti (le «rendite») ritraibili normalmente dall’immobile (per le imposte che colpiscono i redditi), sia i valori patrimoniali ritraibili dagli immobili in caso di vendita (imposta di registro, Iva, ipotecarie e catastali). Poiché inoltre è vigente l’Ici, che allo stato attuale appare uno strumento indispensabile (come peraltro in quasi tutti i paesi occidentali) per la fiscalità locale, e che è stata fortemente abbattuta dalla legge finanziaria per il 2008, che ne ha di fatto esentato dal pagamento il 40% delle famiglie italiane, risulta ulteriormente opportuno determinare anche un catasto di valori oltre a quello reddituale.

Non esiste quindi alcuna contrapposizione fra un catasto «reddituale» e un catasto «patrimoniale». E’ del tutto ovvio che sussiste una relazione tra reddito e valore patrimoniale dettata dal tasso di rendimento. Il resto è materia tecnica, su cui sarà bene che siano gli esperti a fornire le indicazioni più adeguate. Sul piano tecnico, infatti, non è illogico ipotizzare di dedurre i valori dai redditi (come oggi accade con i «moltiplicatori» che si adottano per determinare l’imponibile Ici e quello per le imposte di registro ed ipotecarie e catastali) o anche il contrario, oppure determinare distintamente gli uni e gli altri. La scelta deve dipendere dalle disponibilità delle informazioni rilevanti, dai tempi occorrenti e da quelli ammissibili per la riforma, dalle modalità e accuratezza tecnica della formulazione delle relazioni tra valori e redditi.
L’aspetto tenico-politico su cui è necessario prender posizione, è che valori, redditi e tassi di rendimento debbono essere ancorati a quelli che il mercato esprime non giorno per giorno, ma negli andamenti «fondamentali» di lungo periodo, e che laddove non c’è mercato (immobili particolari oppure zone dove gli scambi e le locazioni sono rarefatte e quindi di fatto non vi sono prezzi o canoni di locazioni su cui costruire valori e redditi normali) si debbono utilizzare gli usuali metodi dell’estimo.
Per tutte le ragioni qui esposte i proprietari di case ed i proprietari degli immobili possono guardare con grande interesse alle proposte del PD, perché si vuole una riduzione della tassazione sugli immobili affittati e sulle compravendite e si vuole, riformando il sistema di determinazione dei valori catastali, una tassazione più equa ed un catasto moderno e giusto”.

(lettera 27 marzo 2008 alla Confedilizia di Walter Veltroni)

TASSAZIONE SEPARATA REDDITI DA LOCAZIONE

PARTITO DEMOCRATICO ITALIA DEI VALORI

“Tassare il reddito da affitto non ad aliquota marginale, ma ad aliquota fissa”

(estratto dal programma presentato)

Nella lettera del 27 marzo 2008 del candidato Premier Veltroni alla Confedilizia, l’aliquota è fissata al 20%.

POPOLO DELLA LIBERTA’

“Graduale e progressiva tassazione separata dei redditi da locazione”

(estratto dal programma presentato)

UNIONE DI CENTRO

“Istituzione di una cedolare secca del 20% sugli affitti in modo tale da coniugare l’emersione dei contratti illegali e il ripristino della redditività dei canoni di locazione”

(estratto dal programma presentato)

SFRATTI

PARTITO DEMOCRATICO ITALIA DEI VALORI

“Politiche di regolazione del mercato che incentivino i proprietari a porre sul mercato degli affitti le case, anche riducendo progressivamente le proroghe generalizzate degli sfratti”

(estratto dal programma presentato)

Fonte: Confedilizia.it

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