Le nuove proposte commerciali sul mercato offrono interessanti opportunità
Nonostante le seccature e le spese quasi sempre grosse, i rapporti con il condominio, a certe condizioni, possono fruttare guadagni, valorizzando quel che si possiede e che, magari, ci si dimentica di avere. Parliamo degli spazi comuni, quelli inutilizzati, ma anche quelli che possono vedersi aggiungere funzioni diverse; quelli racchiusi tra le quattro mura ma anche quelli all’aria aperta; le cantine e i sottotetti o i locali del portiere abbandonati; i cortili vasti, i tetti pendenti e quelli piani, i muri privi di finestre e le impalcature delle ristrutturazioni. Le situazioni più interessanti di guadagno sono: l’affitto o la vendita dell’ex portineria o di altri spazi che avevano un tempo altre destinazioni; l’utilizzo dei muri ciechi o delle impalcature delle ristrutturazioni per cartelloni pubblicitari; l’affitto dei tetti e delle terrazze per antenne di telefonia cellulare; l’utilizzo dei cortili o dei giardini comuni per costruire parcheggi interrati; lo sfruttamento dei sottotetti condominiali e di quelli privati.
Cambio d’uso
Quando, la conversione dell’uso della parte condominiale prevede lavori edili, è possibile godere della detrazione fiscale sul recupero,abbattendo così la spesa di più di un terzo. Comunque ogni decisione al riguardo va presa a larga maggioranza, e talvolta all’unanimità, nel rispetto del codice civile e della giurisprudenza. Quindi, punto primo: la perfetta coesione tra condomini nelle scelte.
Tabelloni pubblicitari
Il settore è in Italia rigidamente ripartito in due differenti specializzazioni, gestite da aziende diverse:
la pubblicità tradizionale (tabelloni con manifesti di sei metri per tre, insegne luminose sui tetti o sui lastrici solari e maxiposter luminosi di 8 o 12 metri per 4) e i cosiddetti “teli pittorici”, che sono opere uniche, di dimensioni che si adattano agli spazi esistenti (in media da 140 a 300 metri quadrati). I tabelloni tradizionali sono quelli che hanno un mercato più vasto. A dettare i canoni sono la visibilità e la zona: arterie di grande scorrimento, strade pedonali, collocazione vicino a supermercati o zone fieristiche, zone commerciali. L’installazione è possibile sui frontespizi ciechi dei palazzi ma è più comune sulle impalcature di immobili in via di ristrutturazione. In quest’ultimo caso, per coprire le spese di installazione, il cantiere deve durare almeno un anno e mezzo-due anni. Ma quanto si guadagna?
A Milano e Roma, i canoni medi sono sui 5 mila euro annui per ciascun poster di 6 metri per 3: se sull’impalcatura ce ne stanno sei, l’incasso è di 30 mila euro annui. In città minori, come per esempio Como e Varese, gli incassi scendono del 60%. Le entrate sono influenzate dai costi e dalle scelte comunali: per esempio, a Firenze le tasse sulla pubblicità sono elevatissime e a Venezia è consentita l’installazione solo nelle zone periferiche. Le insegne luminose sui tetti sono quotabili invece a Milano sui 10 mila euro annuali.
I contratti sono quinquennali per le installazioni fisse e annuali per quelle sulle impalcature, con possibilità di rinnovo e adeguamento. I regolamenti comunali dettano spesso limiti alla collocazione nelle zone di pregio artistico e architettonico e il codice della strada rispetto alla collocazione nelle intersezioni semaforiche.
Un mercato più ricco, ma di una ristretta nicchia, è quello dei teli pittorici, per i quali in genere si utilizzano le impalcature degli immobili in via di ristrutturazione. I canoni variano moltissimo, da un minimo di 5 mila a un massimo di 40 mila euro al mese a Roma e a Milano, mentre scendono del 30% nelle altre città. I contratti sono di tre-quattro mesi almeno, rinnovabili per altri tre.
Scelte in condominio
Se l’installazione avviene su un muro cieco e inutilizzato, è difficile sostenere che porti a gravi disagi: è da ritenere che basti la maggioranza per le delibere condominiali che regolamentano l’uso delle parti comuni (quella dei partecipanti all’assemblea e dei millesimi). Se invece accade su impalcature, è necessaria almeno quella delle innovazioni (maggior parte dei condomini e due terzi dei millesimi). Più prudente, comunque, avere l’unanimità, talora non difficile da conseguire: infatti, le impalcature si devono mettere comunque per ristrutturare l’immobile e tanto vale sfruttarle al meglio. Le maggiori polemiche provengono da chi è in locazione, che subisce solo i disagi, senza godere il canone (salvo accordi interni che permettano anche all’inquilino di beneficiarne).
Antenne cellulari
La concorrenza tra le compagnie, il raffinarsi delle tecnologie, le polemiche sull’inquinamento elettromagnetico rendono l’installazione delle antenne cellulari un’interessante opportunità di guadagno ma anche un’occasione di scontri e polemiche che talora possono coinvolgere tutto un quartiere.
Il punto del contendere sta essenzialmente nel fatto che il palazzo che “beneficia” dell’installazione dell’antenna è anche più protetto, rispetto a quelli circostanti, dalle onde elettromagnetiche: quindi chi non incassa il canone subirebbe maggiori pericoli di chi lo incassa. Questa certezza è anche un punto di forza per le Compagnie, che possono meglio contrattare l’accettazione del condominio e, talora, patteggiare al ribasso sui canoni, facendo leva sulla minaccia di installare l’antenna in un palazzo vicino. Questo è anche il motivo per cui è difficile stimare i canoni medi, che dipendono dalla dislocazione dell’immobile, dal volume di traffico e dalla presenza di smagliature nella rete delle trasmissioni, ma anche dalla capacità di trattativa delle due parti. Ulteriore conseguenza è che le aziende si rifiutano di offrire i dati sull’ammontare degli affitti: quindi un indagine sui prezzi deve svolgersi più pescando dalla cronaca o dalle cause accese in tribunale che da fonti ufficiali.
Le maggioranze necessarie perché un condominio possa decidere di ospitare le antenne dei cellulari sono ancora dubbie. La relativa delibera va considerata almeno come un’innovazione, decisa dalla maggioranza dei condomini con 2/3 dei millesimi. È però capitato più volte che i tribunali abbiano optato per l’unanimità dei consensi, facendo leva sul fatto che la pericolosità di questi impianti non è mai stata confutata in modo definitivo.
Sopraelevazione del palazzo
È una situazione che si distingue dalle altre perché a essere valorizzata non è una parte comune, ma una appartenente a uno solo dei condomini. Secondo l’art. 1127 del codice civile, è possibile infatti al proprietario dell’ultimo piano o del lastrico solare elevarne altri. Vanno rispettate le condizioni statiche dell’edificio, il decoro architettonico, i regolamenti condominiali, nonché gli standard urbanistici ed edilizi. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è, inoltre, tenuto a ricostruire il lastrico solare che altri condomini avevano il diritto di usare. Si tratta di un’ipotesi tutto sommato rara, se non altro perché i comuni non concedono facilmente l’aggiunta di nuove volumetrie.
Portinerie e spazi inutilizzati
Lo spazio a portineria può essere già liberato o si può decidere di farlo, anche per risparmiare sulle spese. In quest’ultima situazione occorre distinguere.
Se la portineria non è prevista dal regolamento ed è sostituita da un citofono, non occorrono maggioranze particolari. Pertanto, l’assemblea può decidere in merito con la maggioranza semplice prevista dall’art. 1136 del codice civile: in seconda convocazione un terzo dei condomini e un terzo dei millesimi. Se invece il servizio è previsto dal regolamento, la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente, in prima e seconda convocazione, la maggioranza stabilita dall’art. 1136, secondo comma, (gli intervenuti che rappresentino almeno metà del valore dell’edificio). La vendita degli spazi dell’ex portineria è un affare complesso: occorre infatti, sempre e comunque, il consenso unanime di tutti i condomini. Molto più semplice la locazione. Se è di durata inferiore a nove anni, bastano le stesse maggioranze previste per la soppressione del servizio, purché con una delibera apposita.
Parcheggi in cortile o in cantina
Di per sé la costruzione al piano terra o nei sotterranei di parcheggi è avvantaggiata dalla cosiddetta “legge Tognoli” (art. 9 legge 122/89), che consente decisioni prese con la maggioranza degli intervenuti e con perlomeno 500 millesimi. Sono anche previste facilitazioni urbanistiche (il mancato pagamento al Comune del contributo di costruzione). Tuttavia, a ogni unità immobiliare del condominio deve essere legato almeno un posto auto, non importa se di proprietà singola o comune. Perciò le possibilità di guadagno dalla vendita o dall’affitto per il condominio dipendono dalla disponibilità di ampi spazi e quindi dalla realizzazione di un numero di posti auto, superiore a quello degli appartamenti dell’edificio. Viceversa l’affitto del box singolo, da parte del suo proprietario, non sarebbe limitato secondo le interpretazioni più recenti. Per l’alienazione dei posti auto in più occorre una delibera presa, all’unanimità. Per la loro locazione sotto i nove anni, basta quella regolamentare.