Sono entrati in vigore a metà settembre i decreti che recepiscono le direttive cee, a seguire il decreto 9.05.2007 entrato in vigore il 20 agosto -scaricabili dalla sezione Legislazione. Ce ne parla l’arch. Mario Airaghi, coordinatore della Commissione Prevenzione Incendi.
A pochi giorni dall’entrata in vigore dei Decreti 16/02/2007 e 9/03/2007 che recepiscono (in ritardo e forse per questo in modo un po’ affrettato) le direttive CEE 89/106, si profila una “rivoluzione” nel settore della prevenzione incendi che trova un precedente solamente nella lontana legge 818/’84. Rivoluzione sottolineata da un terzo dispositivo di legge, che questa volta è di ispirazione nazionale, già peraltro in vigore dal 20 agosto scorso, il Decreto 9/05/2007 (approccio ingegneristico alla progettazione antincendio).
Lo scopo delle seguenti righe non è tanto di riassumere i contenuti dei decreti, cosa non semplice in poco spazio, provo invece a delineare la portata delle novità che essi introducono, almeno per quanto è possibile pronosticare ad oggi. I nuovi decreti hanno un comune denominatore che è il tentativo (a mio avviso riuscito solo in parte) di rendere più scientifico e preciso l’approccio con la progettazione antincendio e più aderenti alla realtà le previsioni di progetto (spesso a prezzo di una maggiore complessità operativa rispetto al passato). I vecchi strumenti legislativi che vanno a sostituire non erano a mio avviso da disprezzare, in primo luogo la circolare 91/1961 che ora viene abrogata, e che aveva il merito di essere di semplice utilizzo e di contenere in sé quei correttivi in favore di sicurezza che permettevano di progettare in sicurezza, cosa del resto dimostrata anche dalla statistiche dei danni da incendio negli edifici civili, che nel nostro paese sono tra le più basse, a livello mondiale. Sicuramente aveva il difetto di essere un po’ rigida e di prestarsi forse ad interpretazioni non corrette. Ma veniamo al presente:
Il primo decreto, il D.M. 9/05/2007 pur essendo già in vigore è anche l’ultimo pubblicato e riguarda l’approccio ingegneristico alla progettazione antincendio, cioè appunto una modalità più scientifica di approcciare il problema. Si tratta in definitiva di utilizzare dei programmi di calcolo e dei modelli di incendio che consentono (banalizzando) di fornire dati numerici che esprimono ad esempio il rilascio termico del focolare, l’irraggiamento termico sulle strutture portanti o sulle persone, il livello da terra dei fumi opachi, ecc. Si applica facoltativamente nelle attività soggette ma non normate di tipo complesso e obbligatoriamente in caso di deroga sempre in attività complesse. Bisogna però chiarire che non si tratta di inserire dati in un programma che fa tutto da solo, anche perché non esiste un solo programma che fa tutto e già la scelta del software è parte del progetto. Anche se l’approccio è numerico ciò che risulta determinante è come sempre la premessa al progetto, che in questo caso la normativa chiama “sommario tecnico”. Nel sommario si stabilisce il livello di sicurezza minimo, insomma volendo fare un esempio più chiaro si passa da una valutazione del tipo “promosso o bocciato” ad una valutazione con un voto. Il problema però è sempre stabilire quando scatta la sufficienza. Questo è senza dubbio il punto delicato della procedura che rischia ora di passare in secondo piano sepolto dalla complessità del lavoro conseguente. Non a caso il sommario, che deve contenere il riferimento ad esempi di incendio concreti di modello (detti scenari di incendio) significativi per somiglianza al caso in esame, la tipologia di software utilizzati e i valori di sicurezza ritenuti minimi (cioè quando si ottiene la sufficienza di cui sopra) deve essere approvato preliminarmente dai Vigili del fuoco, come una sorta di pre-progetto. Solo in seguito sarà possibile partire con i calcoli e la progettazione (che dovrà anch’essa essere poi approvata da apposito ufficio VV.F.). Anche in fase gestionale è previsto un maggiore controllo (periodico) da parte dei VV.F. per verificare l’attenta applicazione dei principi contenuti nel progetto, pena la revoca del CPI. Quindi il nuovo procedimento contiene senza dubbio maggiori libertà di approccio e di autonomia progettuale, ma richiede anche il rispetto di alcune regole, altrimenti si cade in un’arbitrarietà che è senza dubbio peggiore della situazione attuale. Insomma bisogna stabilire con assoluta onestà le premesse progettuali, trovare uno scenario di riferimento validato e fissare i parametri minimi da garantire. Ottenuta approvazione delle premesse si procede all’elaborazione del modello teorico e quindi alla progettazione antincendio. All’avviamento dell’attività si deve istituire un “sistema gestionale della sicurezza antincendio” che garantisca il mantenimento dei livelli di sicurezza previsti altrimenti si incorre nel rischio di sanzioni e di ricominciare tutto da capo. Per quanto riguarda il pericolo che possa non esservi omogeneità di applicazione sul territorio e anche all’interno delle singole realtà provinciali è lo stesso legislatore a porsi il problema ed a prevedere i dovuti correttivi, quando istituisce “l’Osservatorio per il monitoraggio dell’applicazione del sistema ingegneristico sul territorio nazionale”. In definitiva un approccio completamente nuovo che necessita di una cultura e professionalità nel campo antincendio sicuramente maggiore rispetto a quella finora usuale, ma che presenta anche incognite nel reperimento dei dati dalla letteratura, nella scelta degli strumenti da utilizzare, nella giustificazione delle scelte progettuali e anche nuove modalità di rapporto con le autorità di controllo che avranno anch’esse molte difficoltà da superare. Il decreto introduce nuove tematiche di grande interesse ma c’è anche il rischio che prevalga la forma sulla sostanza.
La seconda normativa è il Decreto 16/02/2007 che insieme al Decreto 9/03/2007 va ad abrogare la circ. 91/’61 e sancisce modalità di prova e di classificazione della resistenza al fuoco delle strutture e dei prodotti da costruzione, cui sono richieste anche altre prestazioni rispetto a quelle fino ad ora previste (non solo R – E – I ma anche altre sigle che individuano la tenuta meccanica, la resistenza all’irraggiamento, la continuità di funzionamento durante l’incendio, ecc.) Le vecchie certificazioni di porte tagliafuoco ed altri manufatti antincendio avranno durata limitata e scadranno nell’arco di pochi anni, mentre i produttori dovranno avviarne di nuove più severe e articolate. Anche il professionista ne è coinvolto in quanto dovrà avvallare con la sua firma la conformità (e validità) del prodotto all’utilizzo previsto tenendo anche conto della documentazione di nuovo tipo da allegare. Tutto ciò coglie sicuramente impreparati gli operatori del settore e il mercato italiano e implica per i professionisti un enorme lavoro di aggiornamento e anche in questo caso una maggiore responsabilizzazione e impegno e quindi costi. Infatti le norme di riferimento per le nuove prestazioni sono molte e complesse. Sicuramente nasceranno problemi nalla fase iniziale, quando sarà necessario prendere confidenza con le molte nuove sigle che individuano le prestazioni dei prodotti. Sarà necessaria qualche attenzione supplementare nella compilazione dei capitolati e dei progetti e diverrà inoltre indispensabile un controllo finale della corrispondenza della fornitura e dell’installazione alle richieste progettuali. Anche in questo caso si assiste ad una maggiore complessità e ad un aumento dei costi. Questo vale anche per la verifica di resistenza al fuoco che non è più da effettuare elemento per elemento ma tiene conto anche dell’interazione dei singoli elementi nel sistema strutturale (prima si verificava la resistenza al fuoco dei singoli componenti della struttura senza studiare la reciproca interazione “a caldo” dovuta ad esempio alla dilatazioni termiche ora invece bisogna farlo, e se pare doveroso sulle nuove costruzioni, non è sempre facile per i fabbricati esistenti). Anche in questo caso un passo avanti nella scientificità dell’approccio ma a prezzo di complessità e di responsabilità sulle scelte da operare (lo studio di un sistema strutturale a caldo non può prescindere dalla scelta di uno scenario d’incendio, il che presuppone averne scartati altri e quindi responsabilità).
Il decreto 9/03/2007 completa il precedente definendo le modalità di calcolo del carico d’incendio e della classe dell’edificio. Il sistema di calcolo del carico d’incendio non si discosta molto da quello della circ. 91, anche se vengono introdotti nuovi parametri e coefficienti di riduzione. Anche i valori di calcolo non si discostano nettamente da quelli della circ. 91 ma la filosofia è diversa e alcuni punti sono ancora da chiarire, in particolare i coefficienti che riguardano i sistemi di spegnimento, le squadre antincendio, i contenitori. Anche la tabella 5 che contiene i valori minimi di classe degli edifici in caso di calcolo con approccio ingegneristico si presta a più interpretazioni.
In definitiva i nuovi decreti costituiscono un nuovo approccio filosofico alla disciplina della prevenzione incendi. Le novità introdotte richiederanno un grosso sforzo per i professionisti del settore e anche da parte dei produttori che dovranno adeguare i prodotti ed eseguire nuove prove di omologazione. Nessuno oggi è in grado di prevedere come risponderà il mercato a queste novità e questa è senza dubbio fonte di preoccupazione. Le molte novità introdotte e l’inevitabile aumento dei costi (sia delle prestazioni progettuali che dei prodotti) giunge in un momento poco felice per l’economia nazionale. Anche nel caso dell’approccio Ingegneristico che promette una riduzione dei costi di realizzazione ci si scontra poi con una procedura di progetto più complessa e costosa e anche in fase di gestione dell’attività la gestione della sicurezza si complica. C’è il rischio che tutto questo venga visto dai nostri interlocutori (i clienti) come un lavoro poco serio e teso solo alla riduzione degli adeguamenti antincendio e che inneschi una corsa allo sconto con conseguente riduzione della sicurezza. La prevenzione incendi ha conquistato dopo molti anni la dignità di una disciplina seria che ci ha portato ad avere standard elevatissimi, tra le prime nazioni nel mondo. Ora si profila questa nuova scommessa che può portare ad un ulteriore passo avanti ma che comporta anche qualche rischio.
Arch. Mario AIRAGHI – Ordine Architetti Milano