I vantaggi del sistema e i rischi connessi a una dissimulazione del corrispettivo pagato
Fino all’entrata in vigore della legge 266/2005 (Finanziaria per il 2006), ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, la base imponibile, per i trasferimenti di fabbricati, si identificava nel valore venale in comune commercio ed era preclusa agli uffici la rettifica del valore qualora lo stesso fosse stato dichiarato in misura non inferiore al valore catastale rivalutato, determinato sulla base di specifici coefficienti moltiplicativi di cui all’articolo 52, commi 4-5 del Dpr 131/1986.
Il suddetto valore catastale, ottenuto per i fabbricati moltiplicando il relativo coefficiente per la rendita catastale rivalutata del 5 per cento, non costituiva la base imponibile alla quale commisurare le imposte, ma il valore minimo non rettificabile dall’Amministrazione finanziaria, anche nelle ipotesi in cui lo stesso fosse stato dichiarato inferiore al valore di mercato.
Pur tuttavia, con riferimento ai soli trasferimenti a titolo oneroso, se l’Amministrazione finanziaria veniva a conoscenza, da atti o documenti, che il prezzo corrisposto era superiore a quello dichiarato, anche se non inferiore a quello catastale rivalutato, procedeva al recupero delle maggiori imposte evase con l’applicazione delle relative sanzioni.
Infatti, l’articolo 52, comma 4, del Dpr 131/1986, pur inibendo l’attività di accertamento, non modifica, di certo, i criteri di determinazione della base imponibile, nei contratti onerosi traslativi di diritti reali, che identificano la base imponibile nel valore del bene dichiarato nell’atto e, in mancanza o se superiore, nel corrispettivo pattuito.
Posto ciò, il limite dell’articolo 52, comma 4, del Dpr 131/1986 aveva dato origine nel tempo al diffuso malcostume dei contribuenti di dichiarare in atto un valore inferiore a quello effettivamente pagato, ma appena superiore a quello catastale; tale dissimulazione parziale del corrispettivo, finalizzato a ottenere un’immediata riduzione delle imposte, comportava anche pesanti conseguenze civili, fiscali e persino penali sulle parti contraenti.
Infatti, l’acquirente, per poter occultare allo stesso notaio (che ha l’obbligo di segnalare le operazioni “sospette”), una parte del prezzo corrisposto, era costretto a effettuare, in violazione dei limiti previsti dalla normativa in materia di antiriciclaggio, pagamenti in contanti per importi superiori a 12.500 euro, con connessi rischi sanzionatori, nonché di possibili furti, rapine e smarrimenti.
Con l’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2006, è stata introdotta, per i trasferimenti immobiliari, la regola del prezzo – valore che identifica, per le sole cessioni a titolo oneroso di unità abitative e relative pertinenze fra privati che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, la base imponibile, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, nel valore catastale determinato ai sensi dei commi 4 e 5 dell’articolo 52, purché l’acquirente ne faccia una richiesta specifica con dichiarazione resa al notaio e recepita nell’atto.
In particolare, il comma 497 della legge 266/2005 consente alle sole persone fisiche, che agiscono in veste “privata”, di poter dichiarare, negli atti di trasferimento a titolo oneroso di unità abitative e relative pertinenze, non solo il valore catastale rivalutato ma anche il corrispettivo effettivamente pagato, la cui indicazione in atto è stata resa obbligatoria dal decreto legge 223/2006.
A partire dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della legge 296/2006 (Finanziaria 2007), la regola del prezzo-valore è stata estesa a tutte le cessioni di fabbricati a uso abitativo e relative pertinenze soggette all’imposta di registro, nelle quali la parte acquirente sia una persona fisica, che non agisca nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, chiunque sia il venditore (persona fisica o giuridica), purché l’acquirente eserciti l’opzione di volersi avvalere della suddetta regola.
La regola del prezzo-valore identificando la base imponibile nel valore catastale rivalutato, disincentiva l’acquirente a dissimulare il reale prezzo corrisposto.
La disposizione, inoltre, prevede, a favore dell’acquirente, un abbattimento del 30% degli onorari notarili (calcolati sul prezzo reale indicato in atto) al fine di mitigare l’incremento del costo del professionista, nonché la non applicabilità delle norme sull’accertamento induttivo qualora sia stato dichiarato in atto l’effettivo prezzo di acquisto.
Diversamente, nell’ipotesi in cui le parti occultano anche solo parzialmente il corrispettivo, è prevista una sanzione amministrativa dal 50 al 100 per cento della differenza fra l’imposta dovuta e quella già applicata, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’articolo 71 del Dpr 131/1986.
Sull’argomento, il Consiglio nazionale del notariato ha reso disponibile un opuscolo informativo con lo scopo di informare i contribuenti sui vantaggi del sistema prezzo-valore, nonché sui rischi civili, fiscali e penali connessi a una dissimulazione del corrispettivo pagato.
Posto ciò, si evidenziano di seguito alcuni dei possibili rischi civili e fiscali.
Rischi civili
Nell’ipotesi in cui, entro un anno dalla vendita, il venditore fallisce, il curatore fallimentare può richiedere la revoca della vendita, qualora abbia fondati motivi che l’acquirente fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del venditore; pertanto, l’acquirente, qualora non sia in grado di dare prova contraria, sarebbe costretto a consegnare al curatore l’immobile e insinuarsi nel fallimento, richiedendo la restituzione del prezzo nei solo limiti di quanto dichiarato nell’atto e non per il prezzo effettivamente corrisposto.
Viceversa, ai sensi dell’articolo 67 del regio decreto 267/1942, come modificato dal Dl 35/2005, a prescindere dalla data del trasferimento immobiliare e dalla buona fede dell’acquirente, non sono soggetti a revocatoria fallimentare le “vendite” di immobili a uso abitativo destinati a costituire abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti in cui le parti abbiano dichiarano in atto il “giusto prezzo”.
Inoltre, il venditore potrebbe richiedere, entro un anno dalla vendita, la rescissione del contratto per lesione, ai sensi dell’articolo 1448 Cc, qualora dimostri che il minor valore dichiarato o il prezzo corrisposto sia dipeso da un suo stato di bisogno e l’acquirente ne abbia approfittato per trarne un indebito vantaggio. La rescissione del contratto non pregiudica i diritti acquisiti da terzi sul bene immobile, purché la relativa domanda di trascrizione dell’acquisto sia antecedente alla trascrizione della domanda di rescissione.
Sia nell’ipotesi di rescissione per lesione, sia in quelle di scioglimento del contratto di compravendita per vizi propri dell’atto, nonché in quelle in cui i terzi, per legge, o per contratto vantano un diritto di prelazione sull’immobile oggetto di vendita, l’acquirente potrebbe ottenere la sola restituzione del prezzo dichiarato a meno che non provi di aver pattuito e pagato una somma superiore.
Rischi fiscali
Possibilità per l’acquirente di fruire in misura inferiore delle detrazioni Irpef sia sugli interessi passivi corrisposti sui mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’immobile, nonché per l’acquisto di immobili abitativi ristrutturati dal venditore, in quanto le stesse detrazioni sono commisurate al prezzo dell’unità immobiliare dichiarato in atto.
Inoltre, nell’ipotesi di una successiva rivendita del fabbricato, l’acquirente potrebbe essere tassato, per una plusvalenza superiore a quella realmente conseguita, in quanto calcolata in base a un prezzo di acquisto dichiarato minore di quello a suo tempo effettivamente corrisposto.
Anche il venditore potrebbe subire conseguenze fiscali negative per mancata dichiarazione della plusvalenza immobiliare connessa al prezzo reale di vendita dissimulato.
Per le compravendite al di fuori delle condizioni previste dal sistema prezzo-valore, qualora le parti dichiarano in atto un valore inferiore a quello effettivamente corrisposto, l’Amministrazione finanziaria può richiedere, tramite avviso, la maggiore imposta dovuta con i relativi interessi nonché, irrogare, ai sensi dell’articolo 72 del Dpr 131/1986, “una sanzione amministrativa dal duecento al quattrocento per cento della differenza fra l’imposta dovuta e quella applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto, tuttavia l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’art. 71”; inoltre, le successive vendite dell’immobile potrebbero essere ostacolate, in quanto le somme liquidate sono assistite, per legge, da un privilegio speciale, opponibile anche nei confronti di terzi acquirenti.
Francesca Ponticiello – Fiscooggi.it