Le enormi perdite per 200 miliardi di euro dei mutui sub- prime, stimate dal Fondo Monetario, nonostante le banche centrali, specie FED e BCE funzionali agli interessi delle grandi banche di affari e delle agenzie di rating, hanno tentato di minimizzarne gli effetti,deve indurre i paesi del G7, se non vogliono rischiare di esserne travolti, a mettere sotto controllo la finanza derivata, che ha superato il volume di 400.000 miliardi di dollari (contro un PIL mondiale di 38.000), con crescite abnormi le cui stime sfuggono perfino alla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI).
Nonostante i pompieri delle banche centrali, direttamente collegate agli interessi delle agenzie di rating ed alle grandi banche di affari, in un rapporto incestuoso vero e proprio macroscopico conflitto di interessi, i prestiti subprime infatti, come aveva pronosticato Adusbef ad agosto, si attestano a 1.300 miliardi di dollari (il 15% del monte mutui complessivo), quelli Alt-A (erogati a persone con livello di credito migliore dagli standard subprime ma inferiore alla clientela migliore) a 1.000 miliardi (11%). Nel primo caso, il tasso di default è del 25%, nel secondo del 7%. Considerando le perdite reali (la percentuale della quota di prestito non restituita) nell’ordine, rispettivamente del 45% e del 35%, si ottengono 145 e 25 miliardi, per un totale di 170 miliardi. La ripartizione delle perdite è ipotizzata nella misura del 25% a carico direttamente del sistema bancario, con 130 miliardi circa a carico degli stessi veicoli di asset-backed security (Abs) e collateralized debt obligation (Cdo). Rettificando i 170 miliardi di perdite con la formula ‘mark-to-market’, vale a dire valutando gli strumenti finanziari aggiustati in funzione dei prezzi correnti di mercato, si aggiungono altri 30 miliardi, fino appunto ad arrivare al ‘rosso’ a quota 200.
Il rapporto del FMI, inoltre, stima un peggioramento delle qualità del credito per i leveraged buyout, cioé le acquisizioni portate a termine attraverso l’indebitamento. Nella seconda parte del 2007, si stima che i finanziamenti richiesti ammontino a circa 300 miliardi, pari a un terzo del capitale azionario totale delle prime 10 banche coinvolte nel finanziamento delle stesse operazioni. Anche in questo caso, come per le pratiche subprime, si è assistito al “peggioramento della disciplina”. Con il favore della forte liquidità sui mercati, dopo la fase aggressiva del 2006, si e avuta un’altra accelerata agli inizi del 2007. Il livello di indebitamento si è spinto infatti fino a valutare le operazioni 8-10 volte il margine operativo lordo e superando di 10 volte le attese di profitti a fronte, rispettivamente, di rapporti pari a 4,5 e 7,5 del 2005. Da aggiungere che anche i commerciali paper mostrano segnali di forte tensione, nonostante la loro durata sia a breve termine e la particolare solidità delle garanzie sottostanti. E’ da almeno un decennio che Adusbef,con studi e rapporti critici, cerca di richiamare l’attenzione delle sorde autorità monetarie,i cui governatori delle banche centrali vanno scandalosamente a braccetto con le grandi banche di affari, in rapporti simbiotici senza soluzione di continuità con i banchieri, che si scambiano addirittura ruoli e funzioni, (l’esempio più lampante è il dr. Mario Draghi, ex Goldman Sachs) sul grave pericolo di strumenti derivati,la cui leva finanziaria e massa monetaria è sfuggita a qualsiasi ragionevole controllo.
Se i Governi del G7 vogliono evitare,prima che sia troppo tardi,di essere travolti dalla valanga di tali strumenti derivati,emessi dalle banche di affari,con il consenso delle banche centrali, per incrementare i già pingui bilanci con 30 miliardi di dollari l’anno di sole commissioni, devono regolamentare con paletti rigidi,l’esposizione abnorme di una leva finanziaria,che non serve a garantire l’ordine monetario, ma gli esclusivi interessi delle banche e di una oligarchia finanziaria senza scrupoli, che antepone il proprio tornaconto agli ordinati assetti economici del pianeta.
Fonte: Adusbef.it