L’ALAC, (Associazione Liberi Amministratori Condominiali) si è sempre dichiarata l’associazione dei “buoni amministratori e dei buoni condòmini” intendendo, con ciò, il voler promuovere l’attività dei propri associati secondo canoni etici che ne contraddistinguano l’immagine professionale.
E’ ormai opinione comune intendere l’amministratore di condominio quale intrallazzatore, corrotto e corruttore, furbastro, quando non anche ladro e approfittatore; in realtà, questa immagine negativa appartiene al passato e non può essere, frettolosamente, addossata alle nuove generazioni, alle quali la nostra associazione si è sempre raccomandata la più assoluta trasparenza ed onestà.
Calpestare i principi etici, comportarsi in maniera scorretta non porta ormai da nessuna parte per tre ordini di motivi:
1. chi agisce in maniera scorretta oggi non arriva da nessuna parte in quanto, è opinione comune, che chi difetta di requisiti morali difetta anche della dovuta dose di tenacia e determinazione che, in presenza delle difficoltà attuali (concorrenza, controlli, presa di coscienza dei cittadini ecc.), è necessaria allo sviluppo dell’attività; il disonesto è pressappochista, tenta il colpo e se non riesce vi rinuncia;
2. chi agisce in maniera scorretta si relaziona, di norma, con personaggi che agiscono con gli stessi sistemi e con le stesse poche probabilità di successo;
3. Oggi i nodi vengono al pettine; se è vero che negli anni sessanta e settanta, professionisti spregiudicati si sono assicurati redditi favolosi (quasi sempre sottratti anche al fisco), è anche vero che non si riescono a contare gli esempi di amministratori disonesti caduti in disgrazia, o di casi in cui i discendenti, privi di principi morali, non solo non si sono impegnati nella professione, ma hanno dilapidato quanto incamerato dai genitori; non bastano le parole ad insegnare ai propri figli, è l’esempio che viene seguito.
Ogni professionista, pertanto, nell’elaborazione della propria visione dell’ufficio e nella comunicazione della propria identità professionale, non può prescindere dall’imporsi il rispetto di quei valori etici che sono considerati, dalla moderna scienza della comunicazione (1), quali elementi indispensabili per il successo ovvero:
1. Onestà: ho fatto solo quello che è lecito fare e ho evitato ciò che non è lecito fare? Onestà significa il rispetto delle leggi e delle regole, ma significa anche coerenza con la propria coscienza; la consapevolezza di avere agito male, di avere mentito, di aver tradito la parola data ancorché lo si intenda, in qualche modo, giustificare, significa calpestare i propri valori e ciò è sempre dannoso; non vale, quale giustificazione, il fatto che altri si comportino male; il termine di raffronto va apprezzato in ragione della condotta che si ritiene doversi tenere in un ambiente sano.
2. Responsabilità: ho fatto qualcosa che non dovevo fare? Responsabilità non significa solo rispondere sempre della propria condotta, ma significa fare scelte ponderate, non azzardate; nell’era del consenso, non vi è più posto per i colpi di testa; responsabilità è coscienza di sé e di ciò che si rappresenta, nella professione e nella vita;
3. Diligenza: ho fatto tutto quello che dovevo fare? Diligenza significa seguire i programmi prestabiliti, sia nell’esecuzione dei propri compiti che nella gestione della propria attività, senza omettere mai alcun passaggio, senza omettere alcuna azione che sia ritenuta utile; rispondere a chi chiede chiarimenti, curare la puntualità, tanto negli appuntamenti che negli incombenti, significa manifestare nei confronti di chi ci potrà valutare, ordine e dedizione;
4. Tenacia: Ho fatto tutto quello che potevo fare? Negli ultimi tempi è la norma sentire lamentele di professionisti che si dolgono della concorrenza, dei prezzi stracciati, della scorrettezza delle persone, senza fare nulla per cambiare le cose; tentare di risolvere i problemi con determinazione significa averne già risolti buona parte; tra due soggetti in competizione vince quasi sempre quello che non abbandona il campo;
5. Disciplina: Ho fatto tutto quello che mi sono imposto di fare? Qualche tempo fa, discorrendo con un mio collaboratore, gli ho fatto presente che ciò che fa la differenza tra un galantuomo ed un barbone non è la marca del vino o delle sigarette, ma il fatto che il primo sappia imporsi delle regole; questo non significa che l’ufficio debba essere una caserma o un monastero, ma qualcosa di peggio, in quanto nella caserma o nel monastero le regole sono imposte dagli altri, nel nostro ufficio dobbiamo sapercele imporre la soli.
Quanto sopra per affermare che i valori etici rappresentano, oggi, un fatto indispensabile per l’esercizio di un’attività, soprattutto quella dell’amministratore di condominio, che soffre un passato di malversazioni e disonestà; anche se siamo bombardati di notizie di fatti immorali anche ai più alti livelli, è bene tenere in considerazione che solo coloro che non sono all’altezza di una situazione agiscono scorrettamente e che, nella società, chi agisce male ne paga, prima o poi, le conseguenze o le farà pagare ai propri figli.
Un monito per i nostri associati.
Paolo Gatto
Presidente Nazionale ALAC
(1) R. Dilenschneider: “Comunicazione come esercizio decisivo del potere”
Fonte: http://www.proprietaricasa.org/